L’irrigidimento del conflitto russo-ucraino e la crisi energetica legata all’intensificazione dello shock delle materie prime hanno ridimensionato le prospettive di recupero post-pandemia per le PMI del nostro Paese, dopo il significativo rimbalzo dei conti economici nel 2021.
Le nuove previsioni di Cerved sull’andamento dei fatturati e della redditività lorda nel prossimo biennio mettono in evidenza il rallentamento delle prospettive di crescita di molti settori in seguito alla destabilizzazione dello scenario geopolitico e alla spirale inflattiva.
Come emerge dai bilanci trimestrali 2022, in molti settori del Made In Italy la spirale inflattiva si sta riflettendo sui fatturati nominali che, incorporando l’effetto dei rincari, fanno registrare aumenti a due cifre che non rispecchiano, tuttavia, l’effettiva situazione economica.
Per mitigare questi effetti e analizzare con maggior dettaglio gli impatti congiunturali, Cerved ha stimato per ogni settore la capacità di trasferire gli aumenti dei prezzi sul valore delle vendite, sulla base del grado di esposizione a specifiche materie prime e della capacità di assorbire l’aumento dei costi nella gestione operativa scaricando i rincari a valle.
I modelli predittivi sono stati successivamente alimentati su due diversi scenari – base e worst – che tengono conto dell’andamento macroeconomico e di una serie di fattori esogeni legati al conflitto russo-ucraino, alla dinamica delle materie prime e dei prezzi dell’energia, all’emergenza Covid e all’evoluzione delle politiche economiche e monetarie.
Nello scenario base, il tasso di crescita dei ricavi in termini reali, al netto dell’inflazione, potrebbe attestarsi nel 2022 al 2% e all’1,9% nel 2023, a fronte di variazioni nominali rispettivamente del 16,4% e del 4,6%. Complessivamente, l’aumento atteso dei fatturati reali 2023/19 si fermerebbe al 2,3%, un dato inferiore di oltre 10 volte rispetto alla stima dei ricavi nominali (+24%).
Considerando lo scenario worst, si attende una frenata dell’andamento dei ricavi già nel 2022 (+0,2%), con una successiva contrazione nel 2023 dell’1,1%. Ciò determinerebbe un mancato recupero dei livelli del 2019 con un gap di 2,4 p.p.
Nonostante l’impatto della crisi energetica e dell’inflazione, si prevede un aumento dei margini sia nel 2022 che nel 2023, anche se con meno slancio, soprattutto nello scenario worst.
Molti settori hanno potuto ribaltare completamente a valle l’aumento dei costi grazie a una domanda in forte recupero, in special modo la filiera turistica.
Altri, invece, come il comparto agroalimentare, segmenti della chimica e della lavorazione dei metalli hanno dovuto assorbire una parte consistente dei costi con forti impatti sulla marginalitĂ . La concorrenza internazionale non ha permesso ai produttori italiani di fare troppa leva sui prezzi per salvaguardare la redditivitĂ lorda.
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