Matteo Marzotto è un grande “pedalatore”. È un “pedalatore” per passione sportiva e per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla XX Campagna Nazionale a favore della Ricerca sulla Fibrosi Cistica, promossa in queste settimane dalla Fondazione FFC Ricerca di cui è presidente e co-fondatore. Marzotto, attraverso l’iniziativa di solidarietà BikeTour FFC Ricerca – di cui è ideatore e testimonial da oltre 10 anni – attraversa l’Italia nel mese di ottobre con alcuni grandi campioni del ciclismo per finanziare la ricerca su questa grave malattia genetica.
Ma Marzotto è un “pedalatore” anche nel lavoro. Dal 2019, ha legato, infatti, il suo nome al Vending, in qualità di azionista e Presidente dell’azienda italiana Fas International, uno dei più importanti player europei del settore, fondata nel 1967 da Antonio Adriani e oggi guidata da Luca Adriani e dalla sorella Mariangela, Amministratori Delegati. Non poteva, quindi, esserci scelta migliore di chiedere a un opinion leader così autorevole – ospite sempre gradito e ascoltato in diversi programmi televisivi e sui giornali – un’analisi a tutto campo sulla crisi economica internazionale e sulle prospettiva per la Distribuzione Automatica.
Dottor Marzotto, ci aiuta a inquadrare il momento che stiamo vivendo?
È la tempesta perfetta. Sono preoccupato per il fatto che questa Italia non sa trarre insegnamento dalle crisi recenti e non parlo solo della pandemia. La caduta del Governo Draghi ha evidenziato tutta la miopia della nostra classe politica. Hanno prevalso i personalismi e un cinico opportunismo. Lo conferma anche la recente manfrina sugli emendamenti al Decreto Aiuti per famiglie e Imprese che ne hanno ritardato l’approvazione in Parlamento.
Sono un liberale, credo nella democrazia partecipata, che si esprime soprattutto durante le elezioni, ma ci sono momenti e contesti da valutare con maggiore senso di responsabilità. È vero che l’esecutivo di unità nazionale di Mario Draghi aveva portato a termine il 95% del suo mandato e che dopo sei mesi si sarebbe andati comunque al voto. Ma, alla luce della congiuntura negativa che incombe sulle nostre teste, sarebbe stato meglio avere un governo stabile fino alla prossima primavera.
Una delusione quindi questa politica italiana?
Prenda l’ultima campagna elettorale. Poche idee, poco creative. I programmi dei partiti sono aridi di novità e privi di un progetto sul medio-lungo periodo. Dominano l’insulto e la negazione delle idee altrui. L’agone politico, comportandosi in questo modo, non può che continuare ad allontanare i giovani dal voto, incrementando il partito degli astensionisti come ci ha drammaticamente ricordato la tornata elettorale del 25 settembre. Ma questo pare non interessare a nessuno.
Cosa si aspetta dal prossimo governo?
Un esecutivo politico stabile, con una chiara linea programmatica, senza ammucchiate e senza governi tecnici. Abbiamo bisogno di certezze. Auspico anche un diverso atteggiamento sui tavoli esteri. L’Italia deve restare europeista, evitando controproducenti colpi di testa. A Bruxelles dovremo andarci con spirito propositivo e per far sentire le nostre ragioni con più determinazione. Corretti ma decisi.
Come si è mossa l’Europa in mezzo ai marosi della crisi?
La Banca Centrale Europea ha commesso gravi errori strategici, sottovalutando la minaccia dell’inflazione nell’ultimo anno e agendo con tempistiche sbagliate sul rialzo dei tassi di interesse. La deriva dell’inflazione era iniziata già alla fine del 2021; tutti allora, però, avevano fatto orecchie da mercante. C’è da auspicare che adesso la BCE non sottostimi le possibilità di una recessione dell’economia dell’UE.
Tutti fanno a gara nel cercare le origini di questa instabilità socio-politica-economica. Lei che idea si è fatto?
Da imprenditore vedo uno scenario preoccupante. Questa crisi non è più una conseguenza diretta del Covid. L’impennata dei costi energetici, gli shock nella catena di approvvigionamento dei prodotti – con conseguente mancanza di materiali e di componenti per l’industria – e l’esplosione dei prezzi si protraggono già dagli ultimi mesi del 2021 e non possono essere derubricati come retaggio del boom dei consumi dopo le riaperture. Il Covid non ha colpito in maniera uguale in tutto il mondo. C’è la guerra russo-ucraina che incide pesantemente sulle forniture di combustibili fossili e di alcuni prodotti come il grano, ma c’è principalmente una speculazione che a tutti noi è di difficile comprensione. Siamo in balia dei mercati finanziari e di fattori esogeni.
Di certo l’Europa non sta facendo molto per coordinarsi sugli interventi di mitigazione della crisi…
Servirebbe un’unità di intenti nel nome dell’emergenza: tutti i Paesi dovrebbero rinunciare a qualcosa per il bene dell’Europa e anche delle loro nazioni. Ipotesi che, però, vedo molto lontana.
Faccio un paio di esempi. La Spagna ha un potenziale enorme di rigassificazione – attraverso una serie di impianti attivi sulle sue coste – con cui potrebbe sanare il deficit di forniture dalla Russia. Non riesce, però, a vendere il gas perché la sua rete di gasdotti non ha l’interconnessione con quella francese. E questo per l’egoismo dei transalpini, che frenano sulla costruzione del tubo di allaccio perché vogliono continuare a rappresentare il solo fornitore dei Paesi confinanti, Italia in primis, attraverso l’energia elettrica prodotta in surplus dal loro sistema nucleare.
Il secondo esempio riguarda il price cap. Non si farà perché non c’è unanimità sul progetto. L’Ungheria dirà sempre e comunque di no: ha legami politici e interessi economici troppo forti con la Russia. Prova ne sia che Budapest di recente ha sottoscritto un accordo con Gazprom per aumentare le importazioni energetiche.
L’Italia andrà presto in recessione?
La stime sul PIL cambiano velocemente. Difficile fare una previsione, si rischia l’azzardo. Di certo le famiglie perderanno potere di acquisto e i loro risparmi si eroderanno di valore. Molte aziende sono già in crisi per le bollette e tanti rischiano di dover chiudere o sospendere le attività.
Ammetto che una parte di imprenditoria italiana non ha saputo o voluto cogliere in anticipo le agevolazioni fiscali previste per l’efficientamento energetico. È stato un errore, ma ricordo che l’imprenditore vuole sempre il bene della propria azienda e fa quello che può con gli strumenti che lo Stato gli mette a disposizione.
Le normative su bonus e incentivi ambientali risultano spesso incomprensibili e discordanti tra loro. Mancano regole chiare. Una legge emanata dal Parlamento viene poi recepita dalle Regioni che la modificano, complicandola. Se hai sedi in giro per l’Italia rischi di doverti confrontare con procedure diverse a seconda della zona in cui operi.
Parliamo di Vending. Anche per il nostro settore si attendono tempi duri?
Guardi, sul Vending resto positivo e propositivo. Questo mercato – al netto della crisi economica che forse ne rallenterà la ripresa post-pandemica – ha dei margini di crescita di cui, forse, neanche gli stessi operatori del settore hanno piena coscienza.
Il Covid ha inferto un duro colpo al business, ma è dalla discontinuità che nascono opportunità. Fas International è una case history interessante e lungimirante sul Vending. La famiglia Adriani ha sempre dimostrato, con le sue scelte, di essere avanti rispetto all’attualità del mercato: è da 10 anni almeno che investe in innovazione e ora ha accelerato ulteriormente.
Per tempo Fas International ha saputo dotarsi di una struttura resiliente, snella, efficiente, accorta nei costi ma capace di investire in Ricerca&Sviluppo per migliorarsi e proporre le migliori soluzioni di Vending in termini di sostenibilità e di sicurezza energetica e ambientale. Faccio un esempio: tutti i distributori del freddo di Fas sono dotati di un nuovo tipo di refrigerante a Co2, con un impatto quasi nullo e bassi consumi energetici sia in funzione che in stand-by.
A Fas International sta ormai stretta la semplice definizione di “fabbricante”?
Non siamo più solo fabbricanti di macchine, ma fornitori di un sistema di vendita intelligente e connesso basato software e soluzioni gestionali che sanno assecondare le nuove esigenze dei clienti e rappresentare delle nuove opportunità anche per Retail, GDO e Ristorazione Collettiva.
Con quali progetti?
Ai nostri clienti gestori parliamo sempre chiaro, alcuni capiscono ed evolvono, altri ancora tentennano: il settore, come lo conoscevamo prima del 2020, non esisterà più. Lo smart working, pur con tutti i suoi limiti, rimarrà come quota parte in quasi tutte le aziende.
Non fruiremo più dei distributori automatici solamente nella maniera in cui eravamo abituati. È in atto una trasformazione, supportata da macchine sempre più automatizzate e dotate di sistemi telemetrici, che sono in grado di fornire prodotti tradizionali come snack e bevande, ma anche sistemi di protezione individuali per lavoratori, referenze non-food e piatti pronti, anche freschi e freschissimi, conservati in locker refrigerati e ritirati secondo le necessità dopo averli prenotati con app e pagati con sistemi digitali. Gli accordi stipulati da Fas International con Camst e Würth vanno proprio in questa direzione.
Insomma, Matteo Marzotto è soddisfatto del proprio coinvolgimento in Fas International?
Assolutamente sì. Sono soddisfatto sia dal punto di vista personale e umano, sia dell’investimento azionario effettuato nell’azienda. Con Luca Adriani e sua sorella Mariangela condividiamo la stessa idea di Vending e continueremo a svilupparla nel medio-lungo periodo, sicuri che raccoglieremo risultati importanti. Posso già preannunciare che presto Fas presenterà al mercato dell’automatico delle bellissime novità. Il futuro del Vending non va aspettato ma immaginato e progettato.
Enrico Capello