Grazie al lavoro di intermediazione dell’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro dell’Arcidiocesi di Napoli, nella persona di Antonio Mattone, e dopo mesi di incontri, studi, confronti e approfondimenti tra Giulia Russo, direttore della Casa Circondariale “P. Mandato” di Secondigliano, e Mario Rubino, presidente di Kimbo S.p.A., con l’assenso del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, si è giunti alla firma del protocollo d’intesa per il progetto “Un Chicco di Speranza”. Oltre che dalla dott.ssa Russo e dal dott. Rubino, il protocollo è stato siglato anche da mons. Domenico Battaglia per la Diocesi di Napoli, e da Patrizia Mirra, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, parti attive e fondamentali per l’attuazione e lo sviluppo del progetto.
“Un Chicco di Speranza” è partito dall’Ufficio del lavoro dell’Arcidiocesi che si è adoperato a sensibilizzare la Kimbo affinché proponesse a favore dei detenuti della C.C di Secondigliano un progetto di formazione e di avviamento al lavoro “reale e costruttivo” per “creare i presupposti di una cittadinanza attiva”, come recita il pay-off del progetto.
Il protocollo impegna le parti a sviluppare i seguenti focus:
“Abbiamo ricevuto tanto da Napoli, in 60 e più di attività, e significativamente siamo e restiamo in questa area della città per manifestare la nostra gratitudine – ha affermato Mario Rubino – . Se oggi Kimbo è il caffè di Napoli distribuito in 100 Paesi del mondo lo dobbiamo anche alle nostre radici. Siamo nati nel Rione Sanità nel 1963 e i fondatori della nostra azienda, Elio, Francesco e Gerardo Rubino, hanno scelto Melito di Napoli come area per impiantare lo stabilimento industriale credendo e investendo sul territorio. Oggi sentiamo il dovere di restituire, nel nostro piccolo, a chi tanto ci ha dato. E, con l’esperienza di 30 anni di medico del Pronto Soccorso del più grande ospedale del Sud Italia, spero tanto di non essere l’unico, ma di riuscire a coinvolgere presto altri imprenditori nella mia visione di benessere e di sostenibilità sociale”.