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Marco Grillo (Aristea): “Sulla plastica confusione e disinformazione”

L’azienda di Battipaglia pronta alla sfida del plastic free. “Nel Vending la Direttiva SUP sui bicchieri avrà un impatto molto graduale. Si doveva puntare sulla plastica riciclata”


Ing. Marco Grillo, amministratore delegato di Aristea S.p.a., cosa prevede per i bicchieri in plastica e le posate la Direttiva Europea 2019/904?

Per quanto riguarda il Vending, non prevediamo, al momento, grossi scossoni. I bicchieri in plastica avranno ancora la prevalenza in base a ciò che vediamo confrontandoci con il mercato giorno per giorno.

Se ci sarà passaggio, questo sarà molto graduale, prevalentemente per una questione di prezzi, poichÈ un bicchiere in cartoncino costa circa 4 volte di più di uno di plastica.

 

Aristea e altri produttori hanno presentato ricorso al Tribunale dell’UE contro il Regolamento attuativo della nuova marcatura dei bicchieri per bevande monouso. Di cosa si tratta?

Sette aziende europee (4 italiane, 1 portoghese, 1 inglese e 1 tedesca) hanno avviato un contenzioso davanti alla Corte di Giustizia Europea sulla marcatura dei bicchieri. È illogica una norma del genere perché attenta al libero scambio delle merci nella UE. C’è una difficoltà pratica: per riportare la marcatura nella lingua di ogni Paese è necessario disporre di tante camicie quanti sono le nazioni.

Inoltre, le linee guida vengono cambiate ripetutamente, per cui nessuno, a breve, sarà pronto a vendere bicchieri marcati. Pertanto, al momento l’obiettivo dell’azione è quello di prendere tempo per avere possibilità di organizzarsi su delle linee guida che si spera siano definitive.

Nel frattempo, accogliamo senz’altro positivamente il rinvio al 1° gennaio 2022 della Plastic Tax perché avremo più tempo a disposizione per studiare l’impiego di nuovi materiali.

 

Ci può elencare almeno tre “fake news” che circolano sulla plastica?

Il primo “mito” non veritiero è che la plastica inquina. La plastica, da quando è stata inventata ha solo allungato la vita della popolazione, portando una serie di benefici pratici inconfutabili. Ciò che inquina è l’uso improprio che se ne fa. Non si nega che ci sia della plastica in mare e nell’ambiente, ma la valutazione sulla materia va fatta per l’utilizzo per cui essa è prevista, non per usi impropri.

Se nel suo ciclo di vita il prodotto in materia plastica viene destinato al cestino del riciclo, allora l’impatto ambientale diventa molto basso. Anzi, per certi versi la plastica può avere ricadute positive sull’impronta che le nostre attività hanno sull’ambiente. Basti pensare che, a parità di prestazioni meccaniche, è un materiale più leggero dei metalli e quindi i mezzi di trasporto come auto e aerei consumano e inquinano di meno.

Un’altra fake news riguarda l’inquinamento da diossina dovuto alla combustione: la plastica utilizzata per le stoviglie monouso non contiene cloro, quindi non può mai produrre diossina.

Infine, il falso mito della presenza delle stoviglie monouso ai primi posti tra i rifiuti reperibili in mare e sulle spiagge. Negli ultimi 5 anni gli studi condotti in materia hanno rilevato che al primo posto ci sono i mozziconi di sigaretta, poi prodotti da pesca e più in là le posate. I bicchieri sono al 35° posto e i piatti sono estremamente rari.

 

La normativa recepita dall’Italia apre alla bioplastica. Può essere una via d’uscita?

Per i produttori di monouso non ci sono opzioni diverse dalla plastica tradizionale. Non c’è un prodotto alternativo così ben regolamentato, economico e sicuro.

La possibilità di usare il biopolimero è una piccola “ciambella di salvataggio” che consente di sopravvivere e di respirare un po’ di più, ma i volumi non saranno più gli stessi perché tutti i biopolimeri sono più costosi e difficili da reperire. Inoltre non si sa quanto durerà questo salvagente perché la bioplastica è per la UE alla stregua della plastica.

 

Come sarà il futuro di Aristea con l’entrata in vigore della Direttiva Sup?

Con la bioplastica il fatturato magari si avvicinerà per valore a quello della plastica tradizionale, ma le macchine saranno più scariche con conseguenti ricadute sull’occupazione. Ad esempio abbiamo 3-4 impianti a settimana fermi e quindi al momento si fa necessariamente ricorso alla cassa integrazione.

 

Si denota una certa incoerenza da parte delle istituzioni quando si parla di plastica?

Ciò che ci preoccupa è la mancanza di una strategia veramente mossa da ragioni scientifiche. Ad esempio l’attuale convivenza sul mercato di plastica e bioplastica rischia di generare confusione e di causare proprio quegli impatti ambientali che si vorrebbero evitare. Per cui in tavola potremmo avere due bicchieri indistinguibili (se non da un tecnico) da destinare uno alla raccolta differenziata e uno all’organico…

 

Come avete rivisto la gamma prodotti per il Vending?

Per il Vending proponiamo bicchieri in plastica e bicchieri in cartoncino politenato e biodegradabili.

Le nostre certificazioni principali per i prodotti sono OK COMPOST e Seedling che fanno riferimento alla normativa UNI 13432 per i requisiti di biodegradabilità e compostabilità dei materiali. Inoltre siamo in possesso di certificazioni PSV (Plastica Seconda Vita) per l’utilizzo di r-PET (PET da raccolta differenziata) nei prodotti e nel semilavorato che forniamo all’industria del packaging alimentare.

I nostri siti produttivi e i processi di produzione sono certificati conformi alle norme di gestione ambientale ISO14001 ed EMAS e sono sottoposti a verifiche annuali da parte di enti terzi.

 

Servirà una riconversione degli impianti produttivi?

Tutte le novità degli ultimi anni ci hanno costretti ovviamente a riconvertire gli impianti produttivi per adeguarci ai nuovi materiali da mettere in commercio.

 

Quali sono i problemi a cui andranno incontro i gestori del Vending con la Direttiva SUP?

Innanzitutto, come già detto, bisogna affrontare la problematica del prezzo dei bicchieri in cartoncino. Inoltre questi prodotti hanno anche un diametro leggermente diverso per cui bisognerà adattare le macchine alle nuove misure.

Al momento, per quello che vediamo, i gestori hanno percezione della situazione contingente ma non hanno molta intenzione di introdurre bicchieri in cartoncino a meno di richieste particolari da parte dei clienti.

 

Aristea lavora molto con l’estero. Negli altri Paesi c’è stato un differente approccio alla questione plastica?

Si sono regolati in maniera diversa. Gli Stati extraeuropei ovviamente non sono impattati dalla nuova Direttiva Europea, per cui in queste nazioni possiamo continuare a commercializzare prodotti in plastica tradizionale. Anche in Europa, tuttavia, solo alcuni Paesi hanno recepito la SUP per cui in negli altri stiamo consegnando ancora prodotti in plastica.

 

Esistono dei possibili interventi legislativi che possono mitigare la Direttiva SUP?

Si poteva pensare a una normativa sul riciclato. Anziché bandire completamente le materie plastiche si sarebbe dovuto incentivare e migliorare una filiera per il polistirolo riciclato così come fatto per il PET, per il quale si prevede una percentuale di riciclato via via crescente nei prossimi anni.

Allo stesso modo si poteva consentire ai nostri prodotti di continuare a restare sul mercato inserendo una percentuale sempre maggiore di RPS, ovvero di materia prima riciclata.

 

Circa un anno fa Aristea ha impresso un’importante svolta al suo piano di comunicazione. Ce lo illustra?

In questi anni le nostre risorse si sono concentrate sulla possibilità di sperimentare nuovi materiali, bicchieri in cartoncino e nuove macchine per il PLA. Da un punto di vista comunicativo ora siamo senz’altro più presenti sui social e cerchiamo di diffondere le nostre ragioni relativamente ai cambiamenti in atto sul mondo plastica.

 

Avete già programmato delle novità per il Venditalia 2022?

Presenteremo la linea in cartoncino nata nel 2019 dal momento che, fino a ora, non c’è stata l’occasione di esporla ufficialmente in fiera a causa della situazione sanitaria internazionale.

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