La pandemia ha già pesato molto sul mercato dell’M&A in Italia. Non solo in termini di numero delle operazioni annunciate o concluse e di controvalore complessivo, ma anche in termini di valore assegnato alle aziende target. Uno studio condotto da Scouting Capital Advisors, sui dati Mergermarket, anticipato da MF Milano Finanza lo scorso sabato 11 luglio, mostra infatti che nel primo semestre dell’anno le poche operazioni che sono state annunciate hanno visto multipli impliciti EV/Ebitda in calo netto del 20%, a conferma dell’impatto dell’incertezza generata dalla pandemia sui prezzi sottostanti le transazioni. Quanto tempo ci vorrà perché il mercato si riprenda si può solo immaginare. Ma per superare i livelli dei multipli del 2008, dopo il crollo dovuto alla crisi, ci sono voluti 10 anni. Ma il comportamento del mercato oggi è già stato diverso da quello che si era visto a cavallo della recessione finanziaria del 2008.
Il crollo dei multipli che si è verificato in questi mesi è una reazione immediata alla situazione di crisi, che invece non si era registrata nel 2008. In quell’occasione, infatti, paradossalmente il multiplo medio sull’Ebitda implicito del 2008 era risultato del 10% più alto rispetto a quello del 2007, mentre l’impatto si era sentito invece nella coda della crisi, nel 2009 e poi nel 2010, con multipli medi più bassi del 30% rispetto a quelli di due anni prima. D’altra parte Lehman Brothers era fallita nel settembre del 2008, mentre i mesi precedenti erano ancora stati tutti all’insegna dei grandi buyout con leva tiratissima, quindi il peso della crisi sui dati medi era stato limitato. Nel caso della crisi attuale, invece, l’effetto Covid-19 è partito già a inizio marzo e quindi il peso di 4 mesi su un semestre si vedono tutti.
La discesa media dei multipli 2020 nasconde, però, situazioni molto diverse. Lo studio evidenzia, infatti, che i mega deal (quelli di EV superiore a 1 miliardo di euro) hanno visto crescere le valorizzazioni sottostanti nel periodo Covid rispetto al primo semestre 2019 (da 8,65 a 10 volte l’ebitda) e questo perché, proprio trattandosi di grandi operazioni, la loro origine risaliva a mesi prima, quindi pre-pandemia. Per contro, al ridursi della dimensione dei deal, si riscontra una maggiore riduzione del moltiplicatore implicito EV/Ebitda (per esempio per i deal di EV compresi tra 100 milioni e 1 miliardo, da 14,48 a 13,79 volte; mentre per i deal compresi tra i 50 e i 100 milioni il multiplo EV è sceso da 11,02 a 8,75 volte l’ebitda).
Il numero delle operazioni di M&A annunciate a livello mondiale era triplicato nel periodo 2005-2019, ma il lockdown da Covid-19 ha appunto bloccato il mercato, provocando tra inizio anno e il 10 giugno (data di aggiornamento dello studio) un crollo del 29,7% del numero delle operazioni annunciate rispetto alla stessa data del 2019. Nel periodo 2007-2009 la crisi finanziaria aveva comportato un calo complessivo del 38,2% nel numero delle operazioni. E ancora peggio è andata se si guarda al valore delle transazioni che è crollato del 49,7% in questa prima parte dell’anno rispetto al medesimo periodo del 2020, ma nel periodo 2007-2009 il calo era stato ancora maggiore, addirittura del 54,5%, sebbene spalmato su due anni e non solo in pochi mesi come nel caso Covid.
Per quanto riguarda l’Italia, il numero delle transazioni M&A è più che raddoppiato dal 2005 al 2019, mentre nel periodo 1° gennaio-10 giugno 2020 il calo è stato del 34,5%, con 323 transazioni (di cui completate 246) rispetto alle 493 comunicate al 10 giugno 2019 (di cui completate 465). La crisi finanziaria del 2007-2009 aveva comportato invece in Italia un calo complessivo del 40,3% equivalente a 226 operazioni annunciate in meno. Sul fronte del controvalore dei deal, in Italia l’effetto Covid è stato contenuto, con una diminuzione solo del 16,5%. Ma questo è dovuto al fatto che in Italia si sono contati 17 mega e big-deal, per i quali appunto abbiamo visto che c’è stata una maggiore tenuta dei multipli di valutazione.