L’epidemia di Coronavirus è esplosa a Wuhan, nella provincia di Hubei: un importante hub industriale e di trasporto delle merci nella Cina centrale. Questo ha creato delle difficoltà a livello globale sulle catene di fornitura. In un articolo del Telegraph alcuni operatori del settore segnalano il fatto che la spedizione dei container dai porti cinesi abbia subito una grave battuta d’arresto a partire dallo scoppio dell’emergenza Coronavirus e che debba ancora mostrare segnali di ripresa. Basti pensare che quasi la metà delle partenze programmate sulla rotta dall’Asia al Nord Europa è stata annullata.
La stessa situazione si sta sviluppando sulle rotte dal Pacifico fino agli Stati Uniti e all’America Latina. Lars Jensen della Sea-Intelligence di Copenaghen ha dichiarato che la perdita di traffico ammonta a 300.000 container alla settimana. Una delle più grandi linee di container al mondo, Maersk, ha avvertito che l’epidemia peserà sugli utili di tutto quest’anno, aumentando la pressione su un settore già colpito dalle guerre commerciali e da un rallentamento dell’economia.
Questa cassa di risonanza globale sta creando un “sentiment” negativo anche in Italia. Secondo le stime della Freight Leaders Council (l’associazione che riunisce aziende
leader della filiera della logistica: produttori, caricatori, operatori, trasportatori, gestori di infrastrutture), a causa dello stop delle partenze dalla Cina la riduzione dei container destinati all’Italia potrebbe arrivare fino al 20% in porti strategici, come quelli di Genova o di Salerno. Anche Guido Nicolini, presidente di Confetra, la Confederazione della logistica e dei trasporti, parla di una flessione media del 20% dei volumi. E in particolare chi ha divisioni in Cina si aspetta flessioni intorno al 60-80% in questi primi mesi dell’anno.
Tuttavia, si tratta di una situazione temporanea che andrà man mano a normalizzarsi. Secondo il New York Times, le fabbriche che riaprono funzionano al 50-60% della capacità e questo dovrebbe iniziare a rimobilitare la produzione, anche se è probabile che molte fabbriche cinesi dovranno fare i conti con un calo della domanda internazionale. I porti cinesi sono sempre più vicini alla riapertura totale. Pechino ha già calcolato che solo il 10% delle attività legate alla logistica e ai trasporti è rimasto indietro, ma il resto “è pienamente operativo”. Ci si aspetta, quindi, che grazie anche agli stock accumulati per il capodanno cinese, ci sia una ripresa sostanziale nel mese di aprile, con la speranza che entro la metà dell’anno si riprenda con livelli simili a quelli pre-crisi.
Il diffondersi del Covid-19 anche nel nostro Paese e le conseguenti misure di contenimento, con il blocco di buona parte delle attività commerciali, hanno acuito le pressioni e le preoccupazioni.
Anche se si dovesse riuscire a mettere l’epidemia sotto controllo, comunque dovremmo aspettarci un effetto domino proveniente dai principali partner commerciali che inciderà sui volumi di import ed export degli altri Paesi europei, della Russia, dei
Paesi dell’Est e degli Stati Uniti, coincidendo con i rispettivi picchi di contagio, con conseguente chiusura o limitazione dei confini anche per il settore dei trasporti.
Già oggi le attività logistiche in Italia sono state profondamente influenzate dalla chiusura degli esercizi commerciali e da una riduzione delle attività produttive. D’altro canto ci sono, invece, settori che la quarantena ha fortemente stimolato con un incremento nell’acquisto online di beni della categoria food&beverage e beni di prima necessità, dal momento che le persone sono state spinte a rimanere a casa per evitare interazioni.
Alla luce di queste osservazioni, vediamo quali possono essere alcuni consigli pratici per le imprese che lavorano nei mondo dei trasporti.
Trovare altre strade e non essere dipendenti da un solo Paese. Molte delle aziende che si fornivano in Cina, per non rimanere bloccate, hanno cercato nuove realtà produttrici in altri luoghi, rendendosi conto che essere “mono Paese dipendenti” per l’approvvigionamento dei materiali non è strategico. I nuovi fornitori probabilmente verranno mantenuti anche nel medio periodo.
Innovare, innovare, innovare. Non dobbiamo dimenticarci che il Coronavirus è solo uno dei tanti fattori di rischio che possono impattare sulle supply chain a livello mondiale. Pensiamo alla recente introduzione della Brexit, la guerra commerciale dei dazi Usa-Cina, i cambiamenti delle normative, la volatilità della domanda, il cambiamento delle esigenze dei consumatori, tutti gli aspetti di sostenibilità ambientale. Complessità, interconnessione, globalizzazione: le supply chain sono sempre più importanti ma anche fragili nel contesto globale odierno. Quindi, superata la crisi contingente, il settore deve puntare a creare un ecosistema in grado di reagire rapidamente agli eventi esterni, creare catene di distribuzione agili e sviluppare una cultura e una capacità di risk management in grado di identificare, classificare e gestire i principali rischi basandosi su analitiche avanzate e pianificazioni di scenario.
A cura di Federico Pozzi Chiesa, Founder Supernova Hub e AD Italmondo