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Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

Dal 16 marzo 2019 nuovo obbligo di nomina dei revisori per numerose PMI. Coinvolto in maniera massiva anche il Vending

 

 

Dal 16 marzo 2019 sono entrate in vigore le prime disposizioni previste dal nuovo Codice della crisi d’impresa: anche le Piccole e Medie Imprese (PMI) sono tenute a obblighi più stringenti in attuazione del D.lgs 14/2019 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 febbraio 2019) che sarà pienamente operativo da agosto 2020.

Per ora sono entrati in vigore, ad esempio, gli articoli 377-379 sugli assetti societari e le nomine di amministratori e organi direttivi.

In particolare l’articolo 379, che riguarda le Società a Responsabilità Limitata (Srl), sostituisce il terzo e quarto comma del Codice Civile nel seguente modo:

“La nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società:

a) È tenuta alla redazione del bilancio consolidato

b) Controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti

c) Ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti:

• totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di Euro;

• ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di Euro;

• dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità.

L’assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al terzo comma deve provvedere, entro 30 giorni, alla nomina dell’organo di controllo o del revisore. Se l’assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o su segnalazione del conservatore del registro delle imprese”.

Sicuramente l’introduzione di queste novità riguarderà molte società del Vending. Nella “Top 100 – 2017” di VM sono 80 le Srl e il fatturato minimo incluso, tanto per utilizzare uno dei parametri indicati dalla normativa, è di 2.965.000 Euro.

Un altro articolo di forte impatto è il 378 sulla responsabilità degli amministratori che modifica gli articoli 2476 e 2486 del Codice Civile e che al primo comma recita: Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi”.

Al secondo comma troviamo: “Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura, e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione.

Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”.

 

IL MONITORAGGIO DELLA CRISI

La maggior parte dei provvedimenti, come indicato nell’articolo 389, entrerà in vigore decorsi 18 mesi dalla data di pubblicazione del Decreto nella Gazzetta Ufficiale, quindi il 15 agosto 2020.

In particolare sono previsti nuovi strumenti di allerta, indicatori di crisi, obblighi di monitoraggio e segnalazione da parte degli organi societari.

Le regole sul monitoraggio dei fattori di crisi saranno strumenti rilevanti, ad esempio, dal punto di vista della concessione del credito.

Il decreto legislativo introduce per la prima volta nell’ordinamento giuridico una serie di misure per fare emergere in modo tempestivo la crisi d’impresa prima dell’insolvenza conclamata. La segnalazione della situazione di difficoltà è affidata all’attivazione autonoma dell’imprenditore, all’intervento degli organi di controllo interno e dei creditori istituzionali, INPS e Fisco.

L’Agenzia delle Entrate è obbligata alla segnalazione quando il debito Iva è pari ad almeno il 30% del volume d’affari del periodo a cui si riferisce l’ultima liquidazione; l’Inps deve attivarsi quando il debitore è in ritardo oltre 6 mesi nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore alla metà di quelli dovuti nell’anno precedente e superiore a 50.000 Euro.

Il decreto affida ai Dottori commercialisti la determinazione degli indici da aggiornare periodicamente e fissa i parametri che danno luogo all’intervento dell’amministrazione finanziaria e di quella previdenziale.

A gestire la procedura di allerta saranno gli organismi di composizione della crisi d’impresa (OCRI) costituiti presso ogni Camera di Commercio. Le modalità di gestione garantiscono la riservatezza, ovvero che i terzi non vangano a conoscenza della procedura, per evitare allarmismi e prevedibili conseguenze negative.

La composizione assistita della crisi prevede un accordo con i creditori con la mediazione dell’OCRI. In questa fase non c’è più la riservatezza ma, su richiesta dell’imprenditore, sono previste misure protettive da azioni esecutive per un massimo di 9 mesi. Qualora si configuri l’insolvenza anche per responsabilità del debitore, la procedura può andare avanti con la segnalazione al PM per l’apertura della liquidazione giudiziale.

Per rendere possibile tutto questo, come già detto, la riforma allarga l’obbligo degli organi di controllo interno, sindaco o revisore, nel caso di superamento di uno dei 3 limiti previsti. Naturalmente a tale fine saranno necessari dei cambiamenti agli statuti delle società che dovranno essere deliberati entro 9 mesi dall’entrata in vigore della norma (cioè dal 16 marzo 2019). Dalle prime stime sembra che le società coinvolte saranno circa 140.000, tra Srl e cooperative.

Quindi, dopo 77 anni la Legge fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267) cambia e sparisce lo stesso termine di “fallimento” e di “fallito”.

L’obiettivo ora è salvare le imprese o per lo meno liquidarle senza disperdere valore.

 

GLI OBBLIGHI DELL’IMPRENDITORE

Le novità introdotte dal Decreto Legislativo n. 14, come detto, sono molte. All’articolo 3, tra i doveri del debitore, si prevede quanto segue:

“1. L’imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte.

  1. L’imprenditore collettivo deve adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del Codice Civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative”.

In pratica diventa obbligatorio e vincolante, per le imprese interessate, mettere in piedi un adeguato e tempestivo sistema di controllo di gestione e un efficace assetto organizzativo, pena una diretta responsabilità da parte dell’imprenditore stesso in caso di crisi. Tutto questo al fine di assicurare l’emersione tempestiva della crisi d’impresa in quanto il ritardo determina l’aggravamento del dissesto e pregiudica la continuità aziendale.

“Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta …, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale…”.

“Gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e qual è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi”.

All’imprenditore che ha presentato all’OCRI istanza tempestiva sono riconosciuti dalla legge alcuni benefici.

La tempestività non è riconosciuta e, quindi, c’è la perdita dei benefici previsti, se l’istanza viene presentata oltre il termine di 3 mesi, a decorrere da quando si verifica, alternativamente:

“a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 60 giorni per un ammontare pari ad oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;

b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 120 giorni per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;

c) il superamento, nell’ultimo bilancio approvato, o comunque per oltre 3 mesi, degli indici elaborati ai sensi dell’articolo 13, commi 2 e 3”.

Quest’ultima indicazione ha come conseguenza che gli indici debbano essere elaborati ogni 3 mesi e, di conseguenza, è necessario avere dei rendiconti bilancistici (conto economico e stato patrimoniale) ogni 3 mesi. Torneremo su questo tema nei prossimi numeri della Rivista.

Franco Bompani

Dottore Commercialista
Revisore Legale

www.eidosconsulting.it

Eidos Consulting Srl

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