Mercoledì 27 marzo 2019 il Parlamento Europeo ha approvato, in via definitiva, una nuova legge che vieta l’uso di articoli in plastica monouso come piatti, posate, cannucce e bastoncini cotonati.
La direttiva è stata approvata con 560 voti favorevoli, 35 contrari e 28 astensioni.
I seguenti prodotti saranno vietati nell’UE entro il 2021:
Non divieto ma restrizione, invece, per la bottiglie di plastica. Il 90% di esse dovrà essere raccolto dagli Stati membri entro il 2029. Inoltre, le bottiglie di plastica dovranno avere almeno il 25% di contenuto riciclato entro il 2025 e il 30% entro il 2030.
L’accordo rafforza inoltre l’applicazione del principio “chi inquina paga”, introducendo una responsabilità estesa per i produttori.
Le nuove norme stabiliscono infine che l’etichettatura informativa sull’impatto ambientale di disperdere per strada le sigarette con filtri di plastica sarà obbligatoria. Ciò dovrà valere anche per altri prodotti come bicchieri di plastica, salviette umidificate e tovaglioli sanitari.
MA IN ITALIA SI ESAGERA E SI SBAGLIA
Fatta la legge, la si inganna per troppa ideologia e superficiali precocenti.
In Italia LA campagna “Plastic Free” e il suo favore mediatico – avvallato soprattutto dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa – ha scatenato la corsa di Comuni, Regioni, Università e amministrazioni pubbliche varie ad anticipare la Direttiva Europea sulla Plastica di prossima pubblicazione dando vita a una serie infinita di ordinanze, mozioni, progetti, normative locali, bandi di gara spesso in contrasto tra di loro e con i dettami dell’Europa, col rischio ormai quasi certo che tale “babele normativa della plastica” tutta Italiana intaserà di ricorsi la giustizia amministrativa.
A segnalare il pericolo è l’avvocato Andrea Netti, consulente legale di Confida, cha ha realizzato un’analisi su 60 Comuni e 2 Regioni Italiane che hanno adottato provvedimenti “Plastic Free”: gran parte delle quali in contrasto con la Direttiva Europea e pertanto illegittime.
Ma quali sono queste normative contrastanti? “C’è l’imbarazzo della scelta – spiega l’avv. Andrea Netti – . . Ad esempio il 47% dei provvedimenti analizzati include erroneamente i bicchieri tra i prodotti monouso in plastica da abolire quando tra gli articoli monouso in plastica che l’Europa chiede di vietare dal 2021 non ci sono i bicchieri ma piatti, posate, cotton fioc, aste per palloncini.
E ancora. Il 52% dei provvedimenti analizzati vuole abolire anche le bottiglie d’acqua quando la Direttiva Europea non chiede di abolirle (l’acqua minerale è peraltro un prodotto che l’Italia esporta in oltre 100 Paesi al mondo quindi è curioso che sia proprio il nostro Paese a vietarla!) ma richiede nuovi requisiti di fabbricazione (art. 6 della Direttiva UE): le bottiglie in PET dovranno essere prodotte con un minimo del 25% di plastica riciclata entro il 2025 e i tappi dovranno rimanere attaccati alle bottiglie. Inoltre l’art. 9 impone ambiziosi obiettivi di riciclo per le bottiglie in PET del 77% entro il 2025”.
Inoltre la maggioranza dei provvedimenti analizzati dall’Avv. Netti applica la politica “plastic free” unicamente ai distributori automatici degli uffici comunali o regionali dove peraltro è attiva la raccolta differenziata e non agli altri canali distributivi ben più ampi come a supermercati, esercizi commerciali ecc. “La logica della Direttiva Europea è completamente opposta: indica precisi requisiti per ogni prodotto da bandire o da ridurre e queste regole si devono applicare a tutti i canali distributivi”.
Cosa fare dunque? “Bisognerebbe smetterla di strumentalizzate il tema della plastica a fini politici ed elettorali – conclude l’avvocato Netti – e affrontare seriamente il problema: attendere l’approvazione della Direttiva Europea per poi farla analizzare dagli organi competenti ossia dalle Commissioni di Parlamento e Senato al fine di recepirla in maniera coerente nell’ordinamento italiano a tutti i livelli”.