Niente panico ma chiarezza sul “Plastic free”

Le regole europee e italiane non vietano i bicchieri di plastica del Vending e tanto meno le bottigliette dell’acqua. Saranno, invece, bandite le palette ma a partire dal 2021. La posizione di Confida. L’appello di Ni.Si.

 

Le aziende della Distribuzione Automatica stanno vivendo un forte disagio per la crescente confusione presente tra clienti e consumatori sul tema delle nuove normative sulla plastica. Molte Pubbliche Amministrazioni locali, a causa del favore mediatico della tematica, stanno approvando mozioni, ordinanze e regolamenti “plastic free” che talvolta vietano bicchieri e/o bottigliette in plastica utilizzate nel Vending in palese contrasto con la normativa nazionale vigente e soprattutto con la direttiva europea. “Gli atti adottati e le azioni intraprese dalle Pubbliche Amministrazioni italiane, con i quali viene imposto il divieto di utilizzo e commercializzazione di bicchieri e bottiglie in plastica – spiega l’avvocato Andrea Netti, consulente Confida – sono illegittimi non sussistendo alcuna base normativa che preveda tale divieto e in quanto contrastanti con i contenuti e gli obiettivi della Direttiva UE sulla plastica monouso”.

Occorre, quindi, far chiarezza sui contenuti della Direttiva UE sulla Plastica Monouso che sarà promulgata a fine marzo. Il testo della direttiva, ormai definitivo, prevede (all’art. 5) la messa al bando, a partire dal 2021, di alcuni prodotti monouso in plastica: piatti, posate, cotton fioc, cannucce, mescolatori (tra cui le palette in plastica per i bicchierini dei distributori automatici), bastoni per palloncini, contenitori per cibi e bevande in polistirolo espanso.

Per altri prodotti (art. 4), principalmente tazze e contenitori per cibi in plastica (tra cui i bicchieri del Vending), è prevista unicamente una semplice riduzione del consumo solo a partire dal 2026.

Sarà la Commissione Europea, entro 18 mesi dall’entrata in vigore della normativa, a definire gli obiettivi di riduzione che varranno per tutti i canali distributivi (supermercati, negozi al dettaglio, cash&carry, Distribuzione Automatica, ecc.). Infine, per le bottigliette di plastica sono previsti nuovi requisiti di fabbricazione (art. 6): le bottiglie in PET dovranno essere prodotte con un minimo del 25% di plastica riciclata entro il 2025 e i tappi dovranno rimanere attaccati alle bottiglie. Inoltre l’art. 9 impone ambiziosi obiettivi di riciclo per le bottiglie in PET del 77% entro il 2025.

Va detto che l’Italia dovrà, entro 2 anni dalla pubblicazione della Direttiva, emanare una legge nazionale per il recepimento di quella europea che potrà avere obiettivi anche più ambiziosi di quelli europei ma non potrà certo contrastare con i principi UE.

Le imprese della Distribuzione Automatica – spiega il Presidente di Confida, Massimo Trapletti – devono aiutare le proprie aziende clienti a conoscere meglio la Direttiva Europea sul monouso in plastica, che prevale su qualsiasi legislazione locale italiana in materia di ambiente. La Direttiva UE, infatti, non vieta assolutamente i bicchieri di plastica del Vending e tantomeno chiede di sostituirli con quelli di carta che, comunque, per contenere le bevande calde devono necessariamente avere al loro interno una pellicola di plastica o di bioplastica. Infine, non vieta neanche le bottigliette in plastica ma indica unicamente requisiti specifici di produzione e obblighi di riciclo”.

Accanto alla Direttiva Europea, il Governo Italiano nella Legge di Bilancio (Legge 30 dicembre 2018, n. 145) al comma 802 riporta un impegno sottoscritto dalle imprese produttrici di articoli monouso in plastica col Governo che “su base volontaria e in via sperimentale” dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2023:

a) adottano modelli di raccolta differenziata e di riciclo di stoviglie in plastica da fonte fossile con percentuali crescenti di reintroduzione delle materie prime seconde nel ciclo produttivo;

b) producono, impiegano e avviano a compostaggio stoviglie fabbricate con biopolimeri di origine vegetale;

c) utilizzano entro il 31 dicembre 2023 biopolimeri, con particolare attenzione alle fonti di approvvigionamento nazionale, in modo massivo e in alternativa alle plastiche di fonte fossile per la produzione di stoviglie monouso.

Per quanto riguarda il punto a) del comma 802 della Legge di Bilancio – conclude Trapletti – il nostro settore è il primo che ha scelto volontariamente di sperimentare un progetto di raccolta differenziata e riciclo di bicchieri e palette in plastica per il Vending che rispetta questi requisiti. Il sistema si chiama RiVending ed è stato promosso insieme a Corepla e Unionplast”.

              

STOP ALLA PLASTICA MA COSÌ L’AZIENDA RISCHIA LA CHIUSURA

Il caso. Da 40 anni a Villa Guardia l’attività della Ni.Si., leader mondiale nella produzione di palette per il caffè. “Divieti comunali senza senso, puntiamo sul recupero”.

Evelina Milani

Addio alla pausa caffè, almeno per come la si conosce oggi. Tra qualche mese, infatti, ai distributori automatici potrebbero sparire i bicchieri e le palette di plastica; una scelta ecologica, certo, ma che potrebbe mettere in crisi diverse imprese del territorio. Una su tutte la Ni.Si. di Villa Guardia che i mescolatori monouso li produce da oltre 40 anni e li esporta in 48 Paesi: “Nel nostro settore – ha spiegato la responsabile marketing, Evelina Milani – operano più di 20 aziende, che danno lavoro a oltre 3mila dipendenti. Sarebbe necessario ripensare tutta la produzione. Noi lo stiamo già facendo e da tempo stiamo studiando soluzioni alternative alla plastica, ma non è facile. Se tra due anni i nostri prodotti verranno banditi rischiamo di chiudere”.

 

Europa e Comuni

Per capire bene quello che sta succedendo occorre fare qualche passo indietro: l’Unione Europea dopo mesi di discussioni ha trovato l’accordo su un testo che limiti il consumo di plastica usa e getta, così da contrastare in particolar modo l’inquinamento di mari e spiagge.

La sua applicazione potrebbe essere resa obbligatoria nel 2021, ma in Italia qualcosa si sta già muovendo: le prime norme erano arrivate con l’ultima manovra finanziaria del Governo Gentiloni nel 2017; la scorsa estate, poi, il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha lanciato la campagna “Plastic free challenge”, una vera e propria sfida per ridurre sensibilmente il consumo di plastica. L’esempio, secondo il ministro, dovrebbe arrivare in primis dalle istituzioni e così molti Comuni hanno iniziato a recepire il messaggio. A Como e Mariano è già stata approvata una mozione in tal senso, a Cantù se ne sta parlando in queste ore.

Apprendo con sconcerto – ha proseguito Evelina Milani – che alcune amministrazioni abbiano deciso di aderire all’iniziativa “Plastic free”, pensata in maniera molto superficiale, senza alcun fondamento legislativo. Un’eventuale ordinanza di questo tipo sarebbe da considerarsi illegittima e quindi impugnabile, perché in questo momento né lo Stato, né l’UE vietano l’uso di bicchieri, palette e bottiglie di plastica. È stata proposta una direttiva comunitaria, è vero, ma non è stata ancora approvata. Pensare che vietare questi articoli possa contribuire a produrre l’inquinamento del mare è insensato; essi fanno parte di un circuito chiuso”.

La base di questo ragionamento è che, quando uno prende il caffè alla macchinetta, lo beve nelle immediate vicinanze e butta tutto nel cestino. “È molto più utile e ragionevole – ha aggiunto Milani – muoversi sempre più verso un sistema di economia circolare affinchè la plastica non venga semplicemente eliminata, ma possa avere nuova vita tramite l’attività di raccolta e riciclo. Il problema dell’inquinamento esiste, ma non è soprattutto europeo; i dati ci dicono che il 90% dei rifiuti che sono presenti nel Mediterraneo arrivano dal fiume Nilo”.

 

La Direttiva europea

L’iter della direttiva, in ogni caso, è ben avviato e così dovrebbero finire ufficialmente al bando, tra gli altri oggetti in plastica, i mescolatori, le posate, i cotton fioc e i piatti.

Una difficoltà ulteriore – ha concluso Milani – è che al momento le poche alternative esistenti per le palette non hanno le caratteristiche tecniche e igieniche adatte. Prendiamo, per esempio, quelle in legno: sono prodotte spesso all’estero, è difficile capire da dove arrivino gli alberi e se la filiera segua le indicazioni europee. Io ora so esattamente cosa fornisco ai miei clienti; su un prodotto cinese non saprei dire. Sicuramente in questa battaglia noi imprenditori siamo stati lasciati soli”.

Fonte: La Provincia di Como del 21/2/19

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