Il “Re” delle palette: Felice di nome e di fatto…

Felice Milani ha 120 anni, non lo sa ma se li porta benissimo…Grande imprenditore e personaggio istrionico. Con lui affari e affetti vanno a braccetto

 

Il Felice Milani che non conosci. O che conoscono solo gli affetti più cari. Vending Magazine, in occasione del quarantennale della NI.Si. – storia azienda di produzione di palette per la Distribuzione Automatica – e degli 80 anni del suo fondatore e attuale amministratore delegato, ha voluto ripercorrere non solo la carriera ma la “vita” di un grande imprenditore che è anche un marito e un papà affettuoso e un uomo dallo spirito libero e curioso.

Chiacchierare con Felice Milani ti aiuta a vedere l’umana esistenza con più disincanto e semplicità, a slegarti da ragionamenti e congetture troppo complesse e inutili. La propulsione delle idee e dell’intuito prima di tanti grafici e business plan. Il Vending di oggi – che “si nutre” forse un po’ troppo di paradigmi finanziari e algoritmi – ha ancora tanto bisogno di imprenditori autentici come Milani e di aziende sane e laboriose come Ni.Si. Ha bisogno di realtà che investono e non si indebitano, che conservano la purezza delle origini ma sanno affrontare con modernità il mercato del terzo millennio. Ni.Si. è un esempio di quel “Made in Italy” dal respiro globale che il nostro Paese deve preservare e valorizzare.

 

Ciao Felice, il 2018 è un anno esagerato: Ni.Si. compie 40 anni e tu 80 anni. Quindi, deduciamo che tu abbia 120 anni! Svelaci il tuo segreto per rimanere così in forma e attivo…

Ho un unico segreto: il lavoro e le grane da risolvere ogni giorno. Mi aiutano a tenermi sempre vispo e attivo. Non voglio sentirmi chiamare “pensionato”. Penso di poter ancora “dare la paga” a molti giovani in quanto a vitalità. L’INPS può attendere…

 

Quali sono stati i momenti salienti che ti hanno fatto diventare il “re” delle palette?

Innanzitutto, quando, negli anni ’70, i clienti hanno cominciato a chiamarmi e a chiedermi le palette e io faticavo a produrre gli ordini perché non avevo ancora gli impianti giusti. Lì capii che c’era un mercato tutto da conquistare. Quando ho preso la decisione, ai tempi considerata azzardata, di produrre solo più palette a abbandonare il lavoro di gestore. In quel periodo c’era già, infatti, troppa concorrenza nel campo del caffè.

 

Tu sei l’imprenditore del Vending dai mille e simpatici aneddoti. Potremmo scriverci un libro. Me ne estrapoli uno che valga per tutti?

Fatico a dartene uno perché i miei aneddoti riguardano le persone che ho incontrato nei tempi in cui i rapporti umani nel nostro settore erano diversi. Ora la situazione è, purtroppo, cambiata ma do loro merito di avermi aiutato a diventare quello che sono.

 

Se vedessi in giro un “nuovo” Milani, carico di ambizione com’eri tu, lo incoraggeresti a intraprendere la tua stessa strada?

Credo proprio di sì, purché si tratti di una persona con una mentalità moderna e che sappia guardare oltre i confini nazionali. Oggi il mercato è “il mondo” e l’Italia è solo un piccolo pezzo di questo puzzle.

 

Felice Milani premiato dai suoi collaboratori

Fare l’imprenditore in Italia, dice qualcuno, è “roba da eroi”. È proprio così?

Più che da eroi, è da incoscienti. In questi 40 anni mi è andata bene, avendo il grafico dell’andamento del bilancio sempre dalla mia parte. La differenza rispetto al passato è che oggi, purtroppo, a ogni piè sospinto c’è una difficoltà diversa e la burocrazia è sempre più complicata e invasiva.

 

E come è cambiato, in meglio e in peggio, il mondo della Distribuzione Automatica?

Il Vending, in questi 40 anni, è sicuramente migliorato e ha avuto una sua evoluzione. Per paradosso, ultimamente è diventato, però, un ambiente un po’ troppo stressante. C’è una guerra al ribasso su tutto che danneggia l’intera filiera.

 

Secondo te la Ni.Si. deve “accontentarsi” di quello che è oggi o vi sono possibilità per una crescita?

La Ni.Si, grazie o per colpa dei concorrenti, ha sempre dovuto diversificarsi ed essere al “top” della tecnologia. Questa è ancora la strada da perseguire per continuare a essere leader, anche se, in questo periodo, abbiamo un grosso ostacolo che arriva da Bruxelles…

 

Infatti. L’Unione Europea vuole bandire le palettine di plastica. Che fa allora la Ni.Si?

Sono ottimista di natura e aspetto fiducioso gli eventi, ma non ci faremo cogliere impreparati. Abbiamo nel cassetto diversi soluzioni. Decideremo poi sua quale investire nel futuro.

 

Non ti preoccupa questa sempre maggiore concentrazione del mercato italiano delle gestioni? Meno aziende e, potenzialmente, meno clienti…

Un po’, ovviamente, mi preoccupa perché comporta anche un aumento dei rischi imprenditoriali. Ma come dicevo prima saremmo un’azienda miope se rimanessimo a rimuginare solo sul mercato interno.

Oggi Ni.Si. è un esempio virtuoso di azienda “glocal”: produzione locale ma capacità di sfruttare le opportunità offerte dai processi di globalizzazione per diffondersi a livello mondiale.

 

A quanto ammonta l’ultimo fatturato di Ni.Si. e quanto assorbe del vostro business la parte estera?

Il nostro fatturato è intorno ai 6,5 milioni di Euro. L’estero è ancora la nostra fetta d’affari più importante e viaggia sul 60%. Il Sudamerica e la Russia, in particolare, ci sta dando ottime soddisfazioni.

 

Nel 1994 un incendio notturno distrusse il tuo capannone a Montano Lucino, sempre nel comasco. Un colpo durissimo da cui hai saputo ripartire più forte di prima. Quali i ricordi di quel brutto periodo?

La mattina dopo l’incendio mia figlia Evelina mi venne a svegliare e mi disse “Papà, mi porti a scuola?”. Capii che la vita non era finita ma andava avanti e bisognava viverla fino in fondo.

Ho appeso dietro la mia scrivania una bellissima lettera di mio fratello Bruno. Mi scrisse usando il foglio d’agenda del 12 gennaio 1994: “Il giorno 12 gennaio 1994 non è stato un brutto giorno della tua vita ma un giorno della vita. Non è stato la fine ma un tramonto; sì perché dopo il tramonto arriva l’alba. E l’alba è il tuo credere nel futuro. Credere è vivere, è amare i tuoi sogni seppur ti tormentano”. Rileggendo queste parole posso dire di avere sempre incontrato delle persone speciali che non mi hanno mai lasciato da solo.

 

Tua figlia Evelina e tuo nipote Mario sono i tuoi collaboratori più stretti. Saranno loro il futuro della Ni.Si.?

Ho molta fiducia in entrambi. Altrimenti non sarebbero i miei collaboratori. Non dico questo perché fanno parte della famiglia. Anzi, tutt’al più sono ancora più intransigente con loro che con altri dipendenti. Devono imparare un mestiere affascinante ma molto difficile.

 

Passiamo al Milani privato. Ci racconti le tue passioni?

Mantengo ancora un bel rapporto con gli amici di vecchia data. Siamo tutti degli appassionati di cucina e del mangiare bene.

Mia moglie Kristiina mi porta a camminare, ma ultimamente la sto scontentando perché sono diventato un po’ pigro.

Mi piace anche andare al cinema con Evelina. I film li sceglie lei, solitamente film di ambientazione storica o commedie. Mi viene in mente uno visto di recente che si intitolava Dunkirk. Con mia figlia condivido anche il tifo per il Milan. D’altronde con il mio cognome non poteva essere altrimenti! Ma il calcio attuale non mi entusiasma più come una volta e non solo perché il mio Milan è già da qualche anno che non vince nulla. In realtà stacco veramente dal lavoro solo quando sono lontano da casa.

 

Credi di essere un buon marito e un buon papà?

Dovresti chiederlo alla moglie e alla figlia. Mi pare, comunque, che non si lamentino più di tanto. La cosa mi conforta. Da parte mia sono stato molto fortunato ad avere delle persone così speciali sempre accanto a me.

 

È vero che il lago di Como è la tua vera “seconda casa”?

Quando alla mattina lascio la casa sul lago per andare in Ni.Si. mi si stringe il cuore che, invece, si riempie di nuovo alla sera mentre sto per ritornare sulle sue sponde. Il Lario è pace. Quando la Camera di Commercio mi ha dato la possibilità di esporre alle fiere il logo “Lago di Como, un mondo unico al mondo” ne sono stato fiero. Il “Lago”, nella sua unicità, rappresenta l’immagine del comasco.

 

Ami tanto viaggiare. Qual è il luogo che hai visitato che ti porterai sempre nel cuore?

Il Paese natale di mia moglie, la Finlandia, che ha una natura straordinaria, anche se non è facile adattarsi ai suoi ritmi di vita più compassati dei nostri e molto legati al clima. Quest’estate ho festeggiato i miei 80 anni proprio là, in Lapponia. E ho realizzato il sogno di andare a Capo Nord. E poi direi l’Australia, che ho girato in camper da nord a sud in 25 giorni. Un’esperienza meravigliosa nonostante la guida dall’altro lato.

 

Quest’estate mi hai girato una foto dalla Finlandia in cui stavi cercando l’oro. Come è andata?

Come vedi non sono rimasto a fare il cercatore d’oro, quindi diciamo che me la cavo meglio con le palette…

 

Negli ultimi anni sono venuti a mancare imprenditori del Vending di cui eri amico. Quali sono i ricordi che ti legano a ognuno di loro?

Non vorrei fare torto agli altri parlando solo di alcuni. Cito solo l’ultimo in ordine di tempo: il prof. Carlo Doglioni Majer, un personaggio straor­dinario di cui ho avuto l’onore di essere amico e che mi ha arricchito culturalmente e umanamente.

 

Nel Vending hai più amici o clienti?

Siamo metà e metà. Sull’amicizia ti riporto una frase che considero molto significativa: “Un amico non devi cercarlo perfetto, ma devi cercarlo amico”.

 

A 80 anni si deve avere paura della morte?

Non ci penso mai, anche perché ho sempre avuto dalla mia parte la salute e non mi sono mai dovuto confrontare realmente con questo tipo di prospettiva.

 

Credi in Dio e in una vita nell’aldilà?

Da buon italiano, credo ma non pratico.

 

Sei una persona allegra e solare. Ha avuto momenti della tua vita in cui è, invece, prevalsa la tristezza?

La tristezza non ha mai fatto parte della mia vita neanche quando ho dovuto vincere delle prove in ambito lavorativo molto dure.

 

Riavvolgendo il nastro di 80 anni di vita… C’è qualcosa che non rifaresti più?

Non ho rimpianti, i problemi che ho avuto li ho sempre presi di petto e affrontati al meglio, superandoli con coraggio e senza mai voltarmi indietro.

 

Senti… È inutile prenderci troppo sul serio… Hai già la moto accesa in garage pronta per un nuovo viaggio?

Ti devo dare una brutta notizia: ci ho messo un po’ di anni, ma ho venduto la mia Guzzi Breva qualche mese fa. Però ho rimesso a posto una Vespa 50 Special degli anni ’70. E ho ancora in garage un Gilera 300 bicilindrico. Forse potrei dargli una rispolverata e provare a vedere se regge i miei ritmi di viaggio!

 

Enrico Capello

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