Uno non sa se “ridere” o “piangere” o “preoccuparsi” per davvero di fronte a certe notizie che sembrano così astruse da poter essere catalogate come “fake news” ma che, in realtà, al di là della fondatezza, traggono origine da eventi realmente accaduti.
La notizia sul possibile connubio tra caffè e cancro, in pochi secondi, ha fatto il giro del mondo. In Italia ne ha proposto un riassunto il sito post.it:
“Dopo una causa legale durata 8 anni, un giudice californiano ha deciso che i produttori di caffè dovranno informare i loro clienti che il caffè può causare il cancro. Significa che in California i bar e le aziende produttrici di caffè con più di 10 dipendenti dovranno esporre cartelli o aggiungere etichette su ogni prodotto a base di caffè. La decisione non è ancora definitiva, ma secondo il “Washington Post” è molto improbabile che venga ribaltata nelle ultime fasi del processo.
La causa era stata intentata da un’associazione “no profit” contro diverse grandi catene di bar, tra cui Starbucks. L’accusa era quella di non rispettare una legge della California che impone alle attività con più di 10 dipendenti di informare i loro clienti sulla presenza di sostanze chimiche tossiche nei loro prodotti. Nel caso del caffè, il composto chimico ritenuto tossico è l’acrilammide, che si produce nella fase di preparazione dei chicchi di caffè ed è presente anche nella bevanda finale, seppur in lievissime quantità. Secondo il giudice che ha emesso la sentenza, i produttori di caffè non sono riusciti a dimostrare che il caffè non è dannoso per la salute umana.
In realtà, le ricerche scientifiche sulla tossicità dell’acrilammide per l’uomo non hanno dato risultati conclusivi, soprattutto quando si parla di quantità molto ridotte. Nel 2016 un’agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva stabilito che non ci sono prove sufficienti per definire il caffè una sostanza “possibilmente cancerogena per gli esseri umani”.
L’industria americana del caffè, da parte sua, si è difesa sostenendo che “è impossibile eliminare l’acrilammide senza intaccare il sapore”.
La situazione in Europa sembra, però, molto più tranquilla. A novembre 2017 l’UE ha, infatti, approvato un regolamento in cui si obbligano le società agroalimentari a ridurre i livelli di acrilammide in prodotti come patate, pane, biscotti, cereali, cracker e, per l’appunto, caffè. La concentrazione della sostanza resta ampiamente al di sotto della “soglia di rischio”, senza alterazioni di sapore. Il regolamento è entrato in vigore l’11 dicembre 2017 e si applicherà a partire dall’11 aprile 2018.