Quando un dipendente non è più idoneo a una mansione

Il prolungamento dell’età lavorativa può imporre all’azienda delle scelte “forzate” in merito all’utilizzo delle risorse umane. Cause ed effetti della normativa in materia

 

Come ben noto a tutti i datori di lavoro, la vigente normativa in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro impone, per lo svolgimento di determinate attività, la nomina del Medico Competente, figura dotata di specifiche caratteristiche professionali costituite, oltre che della laurea in medicina e chirurgia, anche della specializzazione in “medicina del lavoro”. La sorveglianza sanitaria, stabilito uno specifico protocollo di indagine in funzione dell’attività professionale svolta, comprende:

• visita medica preventiva (facoltativa) intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato (non possibile per accertare eventuali gravidanze in corso);

• visita medica periodica finalizzata a controllare lo stato di salute del lavoratore con l’espressione del giudizio di idoneità alla mansione specifica;

• visita medica su richiesta del lavoratore (qualora ritenuta dal Medico Competente correlata agli specifici rischi professionali);

• visita medica in occasione del cambio mansione.

Dobbiamo, innanzitutto, premettere che già il Codice Civile all’art. 2087 in materia di tutela della salute sui luoghi di lavoro stabilisce che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morali dei prestatori” sancendo così, di fatto, il diritto dei lavoratori a svolgere la propria attività in un ambiente di lavoro sicuro. Leggendo con attenzione il contenuto della norma, appare inoltre evidente come tale articolo ponga in capo al datore di lavoro non già un generico obbligo di fare o non fare qualcosa, bensì una precisa clausola generale che deve trovare adattamento e aggiornamento con l’evolversi nel tempo di opzioni tecnologicamente più valide. Non è casuale, infatti, che, in caso di lite giudiziale, tale obbligo in capo al datore di lavoro (effettivo aggiornamento della propria struttura aziendale con l’adozione dei migliori modelli praticabili) divenga oggetto di valutazione da parte dei Giudici di merito. L’obbligo espresso dall’art. 2087 del Codice Civile è, inoltre, ripreso e rafforzato nel Testo Unico D.Lgs. 81/2008 all’art.41.

UNA POPOLAZIONE LAVORATIVA “ANZIANA”

Pur confermandosi il Vending un ambito professionale dove i fattori di rischio presenti risultano certamente di grado contenuto (con la sola esclusione dell’utilizzo massivo dei mezzi di trasporto su strada), nel nostro ultraventennale percorso di consulenza d’ambito, anche a causa del generale “invecchiamento” della popolazione lavorativa, abbiamo più volte verificato quanto l’ottenimento della certificazione di idoneità da parte del lavoratore possa rappresentare un ostacolo a volte insormontabile. L’aspettativa di vita aumentata e le diverse esigenze socio/economiche stanno, infatti, causando un drastico rallentamento dell’uscita dal mondo del lavoro per un folto gruppo di persone che, volenti o nolenti, dovranno proseguire la propria attività professionale ben oltre i 60 anni di età. Tutto ciò nonostante il presentarsi di problematiche ed eventi fisiologici a prescindere dall’origine professionale o extra-professionale della manifestazione. Vista la soglia di ingresso rallentata e differita nel mondo del lavoro delle nuove generazioni, una visione del futuro a medio termine del mercato del lavoro deve prevedere soglie di uscita addirittura vicine, se non superiori, ai 70 anni.

Come dovrà, quindi, essere tutelato il lavoratore, ma, nel contempo, come potrà il datore di lavoro tutelare l’aspetto produttivo e patrimoniale della propria impresa? Come conciliare le garanzie del lavoratore e contemporaneamente le legittime necessità dell’impresa di produrre il giusto reddito?

Le infermità di tipo permanente infatti, arrivano talvolta a produrre nel lavoratore totale inidoneità allo svolgimento dell’attività per cui era stato assunto esponendolo, conseguentemente, al rischio di perdita del posto semplicemente per cause cronico-degenerative che sono per loro stessa definizione di carattere irreversibile (affezioni di carattere muscolo-scheletrico, cardiopatie e diabete solo per citare le più significative dal punto statistico). Ed è proprio nel momento della visita medica periodica di accertamento che possono emergere queste specifiche patologie certificate dal Medico Competente al termine del proprio intervento d’indagine con l’espressione di:

• un giudizio di idoneità,

• un giudizio di idoneità parziale, temporanea o permanente con prescrizioni o limitazioni,

• un giudizio di inidoneità temporanea,

• un giudizio di inidoneità permanente.

Premesso che il giudizio espresso dal Medico Competente, qualsiasi esso sia, deve essere comunicato per iscritto al lavoratore, spetta a questo punto al datore di lavoro attuare le eventuali prescrizioni contenute nel certificato medico destinando, per quanto possibile il lavoratore ad una mansione compatibile con il proprio stato di salute. Il datore di lavoro non potrà, perciò, impiegare il lavoratore giudicato idoneo con limitazioni, ad un incarico incompatibile con le sue condizioni e idonee a salvaguardarne la salute. Quando, infatti, dovesse ricorrere un motivo che renda la prosecuzione del rapporto di lavoro impraticabile (mancanza della certificazione di idoneità alla mansione specifica) per il datore di lavoro si rende necessario aprire un percorso alternativo di impiego del lavoratore con la ricerca di una diversa mansione.

 

IL CASO DEL VENDING

Ma come appare immediatamente intuibile – e considerando che nel mondo del Vending un lavoratore addetto all’attività di rifornimento e/o manutenzione dei D.A. ha, ad esempio, assoluta necessità di utilizzare l’automezzo in dotazione – l’eventuale inidoneità alla guida renderebbe di fatto inutilizzabile la sua collaborazione professionale. Come sarà possibile conciliare il rispetto delle indicazioni contenute nel certificato di parziale idoneità, la ricerca dell’alternativa di impiego e le legittime esigenze dell’azienda?

L’organigramma standard di una azienda del Vending, pur presentando diverse opzioni occupazionali, consta di aree poco permeabili tra loro. Scartando a priori l’ipotesi dell’impiego in area commerciale vista la necessità di utilizzo dell’auto, verificata l’eventuale competenza in ambito tecnico, un’alternativa percorribile potrebbe essere l’impiego nell’officina interna o, dove compatibile con l’eventuale utilizzo di un mezzo di movimentazione meccanica, all’interno dell’area logistica-magazzino o in ambito amministrativo.

Identificata un’area professionale alternativa e adeguata alla salvaguardia della salute del lavoratore (ancorché si identifichi in un ambito di mansioni inferiori, compatibili con l’assetto organizzativo aziendale e accertata la volontà di accettazione della diversa mansione) si potrà procedere alla sua ricollocazione. Entrando nello specifico, si intende per ragionevole ricollocazione l’insieme di provvedimenti costituiti da ridistribuzione delle mansioni, modifica dell’orari di lavoro, modifica/integrazione/adeguamento della postazione di lavoro, ricollocazione nella mansione alternativa.

In assenza di valide alternative non resta purtroppo che la soluzione del licenziamento per giustificato motivo. Ma attenzione, solo nel caso in cui il motivo del licenziamento consista nell’inidoneità permanente del lavoratore allo svolgimento della mansione per sopravvenuta infermità e che il datore di lavoro sia in grado di fornire in sede di eventuale giudizio la prova inoppugnabile dell’impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni oltre che equivalenti anche inferiori, secondo l’assetto organizzativo proprio stabilito dall’imprenditore, e che non comportino un costo finanziario spropositato per l’impresa.

 

Bruno Scacchi

S.A.I. CONSULTING S.a.s.

Sicurezza Lavoro & Ambiente

consult.626@gmail.com

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