Private Equity e Vending: un matrimonio in crisi? Forse no…

La dottoressa Stefania Peveraro del quotidiano MF Milano Finanza disegna per VM i possibili intrecci di mercato delle più grandi aziende del Vending partendo dalla prossima vendita di Argenta

La dottoressa Stefania Peveraro è presidente e cofondatore di EdiBeez srl – il primo editore specializzato in news e servizi sugli investimenti privati in capitale di rischio e di debito – ed è caposervizio a MF Milano Finanza del Gruppo Class Editori, quotato alla Borsa italiana. Per il quotidiano MF Milano Finanza scrive di M&A, private equity, venture capital, private debt, mercato del credito, non performing loan, corporate finance, finanza strutturata, reddito fisso, ecc.
La dottoressa Peveraro si è occupata, negli ultimi anni, delle vicende finanziarie legate ai principali player del Vending e, in particolare, a Gruppo Argenta e IVS Group, le due più grandi aziende di gestione in Italia.
Con lei abbiamo provato a delineare i futuri scenari del nostro settore nel comparto gestione.

Dottoressa Peveraro, qual è la situazione della “scalata” al Gruppo Argenta?
Al momento non è ancora chiaro che cosa succederà. Sicuramente il fondo azionista, Motion Equity Partners, con l’alleato Kkr – che è azionista per una minoranza oltre che grande finanziatore del Gruppo – propendono per cedere Argenta e c’è un’asta in corso che ha già visto l’interesse non vincolante di alcuni soggetti industriali. Si parla della tedesca Dallmayr, un Gruppo con alle spalle più di 300 anni di storia, tuttora controllato dalla famiglia fondatrice e attivo non solo nel settore del Vending ma soprattutto in quello della produzione di caffé e thé. Mentre un secondo potenziale acquirente sarebbe il grande Gruppo giapponese del beverage e della gestione vending, DyDo Drinco, quotato a Tokyo, con una capitalizzazione di circa 790 milioni di Euro e un fatturato che si aggira su 1,4 miliardi di Euro.

Intorno all’interesse di DyDo Drinco verso Argenta ci sono parecchi rumors nel nostro settore. Ci può dare qualche informazione in più su questa realtà nipponica?
Il gruppo giapponese ha dichiarato esplicitamente lo scorso marzo, presentando i risultati di bilancio 2016, che ha intrapreso un programma di investimenti orientati alla crescita futura che comprendono anche uno spostamento verso l’internet-of-things nel settore delle vending machines e l’M&A oltreoceano. Il tutto nell’ottica di ampliare i canali di vendita dei propri prodotti. Non a caso il gruppo nipponico ha messo online la versione inglese del proprio sito proprio lo scorso gennaio.

È credibile l’opzione che vede Selecta – che ha appena acquisito Pelican Rouge – inglobare Argenta, facendo così nascere un grande “polo” del Vending europeo?
Per quanto ne so, questa viene considerata una soluzione di cosiddetto “second best”, nel momento in cui, in asta, gli azionisti non riuscissero a ottenere un’offerta soddisfacente. In questo caso, quindi, prenderebbe corpo l’idea di una fusione tra la svizzera Selecta, controllata da Kkr, e Argenta. Motion e Kkr potrebbero restare insieme soci della nuova entità, che raggiungerebbe i 180 milioni di Euro di Ebitda e potrebbe essere, quindi, quotata n Borsa.
L’ipotesi di fusione Argenta-Selecta circola sul mercato da un paio d’anni ed è divenuta più insistente da quando appunto Kkr ha preso il controllo di Selecta, dopo averla in un primo tempo solo finanziata in un’operazione simile a quella strutturata per Argenta. Kkr nel giugno 2014 aveva, infatti, finanziato Selecta per 220 milioni di Euro, sottoscrivendo un prestito subordinato PIK (con capitalizzazione a scadenza degli interessi) dotato di warrant per il 35-40% del capitale. Contemporaneamente il gruppo svizzero aveva rifinanziato il resto del debito con 550 milioni di Euro di bond high yield.

Rimane attendibile l’ipotesi di uno “spezzatino” di Argenta tra alcuni degli altri grandi gruppi di gestione italiani?
Io lo escluderei.

Perché una grande azienda del retail e dei prodotti alimentari dovrebbe essere interessata ad Argenta?
Interessati ad Argenta non sono soltanto gruppi attivi nel settore del Vendig ma anche in quello retail e dei prodotti alimentari perché la tendenza evidente del settore è l’ampliamento ad altre attività, identificate come l’on-the-go market, rappresentato dalla ristorazione take-away, soprattutto in mano a catene. E, infatti, il piano industriale di Argenta prevede una forte accelerazione lungo questo trend.
Lo scorso ottobre, non a caso, la società ha comprato il 51% di Tramezzino.it, la società fondata da Giorgio Castriota e Giampiero Pelle specializzata nella produzione e distribuzione ad aziende e privati di tramezzini artigianali, sulla base di un enterprise value di circa 8 milioni, con i vecchi soci che hanno mantenuto il controllo sul restante 49%.
La società aveva da poco iniziato a lanciare i punti vendita di prodotti alimentari naturali a marchio Foodies in alcune grandi città italiane e ora l’obiettivo di Argenta è passare dagli attuali 10 a 200 tra 5 anni. Non solo. Gli stessi prodotti di Foodies saranno venduti anche nei micromarket con il medesimo brand che verranno aperti all’interno di aziende clienti, dove il personale potrà acquistare i prodotti e pagarli automaticamente sulla base di un barcode. Le macchine distributrici automatiche, perciò, in questi punti vendita non compariranno.

L’EBITDA è un parametro discriminante nella valutazione di un grande gruppo come Argenta?
L’Ebitda è importante perché è la variabile che viene presa in considerazione dagli investitori per capire se l’azienda è agevolmente in grado di pagare gli oneri finanziari relativi al proprio debito e, soprattutto, di rimborsare a scadenza il debito stesso. Il tutto avendo, comunque, la possibilità di condurre investimenti a supporto della crescita e dello sviluppo del business. In un’asta competitiva, poi, il parametro del mutliplo dell’Ebitda è quello standard per formulare una valutazione e un confronto con i competitors.

Su quali asset e su quali ambiti aziendali dovrà intervenire il futuro “proprietario” di Argenta?
Argenta ha una storia finanziaria abbastanza travagliata alle spalle, ma ora il processo di ristrutturazione industriale si è concluso e il business è in crescita. I problemi erano nati da un minore Ebitda a consuntivo, sulla base del quale era stata stimata la sostenibilità del debito al servizio del buyout da parte dei fondi Motion Equity Partners (allora Cognetas) e Investitori Associati, che nell’autunno 2007, avevano rilevato il gruppo dal fondo Advent International e dall’ex management. Tanto che la marginalità di Argenta nel 2008, pur rilevante (l’Ebitda 2008 era di 42 milioni, cioè il 22% dei 183 milioni di fatturato), era stata molto più bassa del previsto (il budget era di 62 milioni, cioè il 34% del fatturato) con la conseguente rottura dei covenant sui 300 milioni di debito senior in capo alla società operativa e sui 70 milioni di mezzanino in capo alla holding.
Nel 2009, grazie alla conversione in warrant (sul 23% del capitale della holding) dell’intero finanziamento mezzanino di HVB (gruppo Unicredit) e Mediobanca, al rifinanziamento del debito senior (sempre Unicredit e Mediobanca) e all’iniezione di 65 milioni di nuovo capitale da parte di Motion (Investitori si era tirata indietro), Argenta era riuscita a rientrare in carreggiata.

Lo dicono anche i numeri?
Argenta ha chiuso il bilancio consolidato al 30 settembre 2016 a 225 milioni di Euro dai 199,2 milioni del 2015, con un Ebitda di 53,1 milioni dai 47,1 milioni del 2015 e un debito finanziario netto di 200 milioni da 211,1 milioni, dove il debito con le banche (Unicredit e Mediobanca) è tutto senior, visto che il debito mezzanino, originariamente di 100 milioni in capo alla controllante HSC 3 sarl, era stato rilevato nel gennaio 2014 da Kkr.
Negli ultimi 5 anni Argenta ha già condotto 10 acquisizioni (per esempio un anno fa ha comprato Somed, il maggiore gruppo di Vending del Sud Italia per circa 30 milioni di Euro). L’introduzione della Certificazione dei Corrispettivi – di cui è in vigore ora la modalità transitoria in attesa di quella a regime prevista dal 2023 e di cui non ci conoscono le modalità – comporterà che molti piccoli player preferiranno, anche sul medio-lungo periodo, vendere l’attività. Questo significa che ne beneficeranno soprattutto Argenta (che ha già il 6,5% del mercato) così come il top player IVS Group (8,5%) e il terzo in classifica Buonristoro (3,5%).
Quindi, a mio parere, i player più grandi continueranno a essere acquisitivi.
Chiunque dovesse subentrare nella proprietà di Argenta certamente continuerà lungo questo tracciato di acquisizioni, non solo nel settore del Vending ma anche in quelli contigui, come già detto, della ristorazione take-away.

Come valuta la forte politica di espansione di IVS Group attraverso le acquisizioni?
IVS sta utilizzando la liquidità raccolta con la quotazione in Borsa per condurre un’aggressiva campagna di acquisizioni in Italia e all’estero. Il gruppo è sbarcato a Piazza Affari nella primavera del 2012 a seguito dell’integrazione (cosiddetta business combination) avvenuta, a sua volta, a inizio 2012 con Italy 1 Investments SA, una Spac (Special purpose acquisition company) precedentemente quotata a Piazza Affari sul segmento MIV dove aveva raccolto 150 milioni di Euro tra gli investitori. Successivamente aveva collocato 250 milioni di Euro di bond che poi ha rifinanziato a tassi più convenienti emettendo un nuovo bond da 240 milioni nel novembre 2015.
Tutte risorse che sono andate a supporto della campagna di M&A che ha portato i ricavi ad aumentare a 362,3 milioni di Euro nel 2016 dai 347,7 milioni del 2015, l’Ebitda rettificato a crescere a 82,3 milioni dagli 80 milioni nel 2015 e l’utile netto rettificato a salire a 23,4 milioni da 17,6 milioni, con un debito finanziario netto di 225,6 milioni dai precedenti 230,8 milioni.
La crescita del business è stata riflessa, però, nelle quotazioni di Borsa soltanto dall’inizio di quest’anno, mentre sino a fine 2016 le quotazioni si erano mantenute al di sotto del prezzo di Ipo di 10 Euro dopo aver toccato dei minimi a 6,5 Euro per azione nel 2013. Oggi il titolo quota attorno a 13,6 Euro per una capitalizzazione di 538 milioni.

Ritiene che oggi, IVS e Argenta a parte, vi possa essere interesse da parte del Private Equity per il Vending?
I fondi di private equity tendono a investire nei leader di settore o, comunque, in società che possono avere una posizione di vantaggio dalla quale partire per poter costruire un gruppo con acquisizioni. Non escludo, quindi, vista l’ancora ampia frammentazione del mercato, che qualche fondo possa immaginare di puntare su player di fascia medio-alta per far loro compiere un salto dimensionale e poi cederli ai “primi della classe” dopo 3-5 anni. È evidente che un fondo di medie dimensioni si muove per creare un gruppo che abbia come obiettivo almeno 100-150 milioni di ricavi, quindi nel Vending dovrebbe concentrarsi su una realtà già oggi consolidata intorno a quel range di fatturato o partire da aziende di almeno 40-50 milioni e poi aggregarne altre che ne facciano 10-20-30 alla volta.

Pensa che nel contesto di una filiera eterogenea, come quella del Vending, si possa arrivare a operazioni di merger tra fabbricanti/produttori e gestori?
Non escludo la possibilità di merger tra fabbricanti di macchine e produttori di prodotti, nell’ottica di un ampliamento del business dal “puro Vending” alla ristorazione take-away. Più difficile immaginare un’integrazione tra produttori di macchine e gestori. Prova ne è che in occasione dell’asta competitiva per il fabbricante di machine N&W, poi vinta dal fondo Lone Star a fine 2015, che io sappia non si erano fatti avanti gestori di macchine.

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