Luciano Pensante: l’uomo e l’imprenditore

Luciano Pensante con Angelo Romano
Luciano Pensante con Angelo Romano

Il fondatore di Ristora parla della sua carriera, di Vending, dell’Italia, di economia e politica ma, per la prima volta, rivela anche la sua sfera privata, facendoci entrare nel suo mondo di valori, di certezze e di dubbi, di passioni, di gioie e di rimpianti

A raccontare la storia di Luciano Pensante e di Ristora ci hanno già pensato in tanti usando date, eventi e numeri. Il “capo” – come lo chiamano ancora i suoi uomini – e l’azienda di cui è fondatore e presidente, nel 2016 hanno festeggiato il compleanno a braccetto: rispettivamente 80 e 50 anni. Ma l’età è un dettaglio: Ristora è nel pieno della sua maturità. Viaggia a oltre 120 milioni di fatturato, ha un utile netto di 10-12 milioni l’anno e un MOL di 22 milioni. Impiega 240 dipendenti in tre siti produttivi: due a Montichiari e uno a Sant’Olcese (Genova).

Produce oltre 1000 referenze nel settore dei preparati alimentari istantanei per il Vending – di cui è leader di mercato – per la Grande Distribuzione, per l’Ho.Re.Ca e per l’industria, a cui fornisce semilavorati e prodotti finiti secondo le specifiche richieste dai clienti. Il laboratorio interno di controllo qualità è incaricato di analizzare e controllare oltre 300 formule personalizzate, in quella che si può definire una vera e propria “sartoria su misura”.

Cosa dire in più, allora, su Luciano Pensante e Ristora? Niente, a meno che lui non divenga un confidente e non riesca a creare quella spontanea empatia che lascia fluire anche le riflessioni più intime, quelle che meglio spiegano il senso della vita di un uomo.

Marco Pensante
Marco Pensante

Pensante e “Vending Magazine” hanno provato a guardarsi in faccia, senza specchi, in una fredda giornata di gennaio. Ecco la storia, ancora poco nota, di un imprenditore simbolo nella Distribuzione Automatica.

Signor Pensante, partiamo da una sua affermazione: “Alla Ristora non c‘è mai stata un’ora di sciopero o cassa integrazione in 50 anni”. C’è un’alchimia particolare dietro questo idillio fra lei e i suoi collaboratori?

Nessun segreto. Solo un profondo rispetto per le regole, le persone e la parola data. Tengo sempre a mente la saggezza del detto “L’uomo vale quanto la sua parola”. Sono di umili origini e grazie all’esempio dei miei genitori ho compreso bene la fatica di vivere avendo mezzi limitatissimi, soprattutto nel periodo bellico. Inoltre, chi fa impresa non deve mai dimenticare che la sua attività imprenditoriale rappresenta un valore sociale che è fonte di benessere per il territorio e le famiglie di tutti i suoi collaboratori e dipendenti.

Anna Pensante

Lei ha iniziato a fare l’imprenditore negli anni del boom economico. Oggi l’Italia è un Paese stagnante. Come è cambiata l’industria in mezzo secolo?

Sono epoche imparagonabili, purtroppo a tutto svantaggio di chi fa impresa oggi. Quando iniziai io, negli anni ‘60, il clima era positivo e c’erano ovunque entusiasmo e fervore. Il PIL era in continua crescita, la domanda sostenuta e mettersi in proprio era un’opportunità concreta per farsi strada e avere successo nella vita. È vero, a quei tempi c’era l’IGE (Imposta Generale sulle Entrate) al 3% e quasi tutti i prodotti alimentari commercializzati in Italia erano gravati da dazi, ma nulla di lontanamente paragonabile alle migliaia di leggi e leggine sfornate da una burocrazia soffocante negli ultimi 30-40 anni e che costringono le imprese a dedicare forse più tempo agli adempimenti di legge che al lavoro. Questo non aiuta certo a creare sviluppo e occupazione.

Se, allora, “siamo fermi” è solo a causa della politica, delle tasse, della burocrazia o anche l’imprenditoria ha le sue pecche?

Ovviamente ci sono imprenditori e imprenditori. Non tutti si sono dimostrati all’altezza, ma bisogna ricordare che l’esempio fornito dalla nostra classe politica è davvero pessimo: siamo governati da persone inadeguate e in gran parte corrotte. Il nostro è un Paese di scandali, di assenza di etica e regole e molti si adeguano a questo clima. Ci sono certe grandi imprese che hanno depredato l’Erario, e di conseguenza il contribuente, per cifre enormi, mentre un piccolo imprenditore può essere rovinato da Equitalia per una cartella da poche migliaia di Euro.

Non parliamo, poi, del gigantesco spreco di denaro pubblico causato da prebende, privilegi assurdi e soprattutto opere pubbliche in gran parte inutili, mai concluse o, se terminate, con costi triplicati rispetto ad altri Paesi.

Oggi, se vedesse in giro un “nuovo” Pensante, carico di ambizione com’era lei, lo incoraggerebbe a intraprendere la sua stessa strada?

Solo se capissi che possiede idee davvero innovative, in grado di offrire novità per il mercato, nel mio caso quello alimentare.

Condivide la scelta di molti laureati di lasciare l’Italia?

Sì, anche se a malincuore, perché in questo modo il Paese perde futuri protagonisti e si impoverisce. I nostri politici quotidianamente ci inondano di banalità e luoghi comuni su crescita, investimenti e lavoro, ben sapendo che, attualmente, non ci sono le premesse affinché tutto questo si possa realizzare.

L’Italia è diventata terra di conquista per le aziende straniere che vengono a fare “shopping” delle nostre industrie. Mai avuto la tentazione di varcare il confine con Ristora?

Assolutamente no, nonostante tutti i mali che affliggono la nostra “povera” Italia.

Non crede che il sistema bancario abbia le sue colpe per questa Italia in recessione?

La banca è un’impresa che deve generare utili come tutte le altre, quindi in teoria dovrebbe prestare soldi secondo criteri di affidabilità. Se ci sono 400 miliardi di sofferenze bancarie e incagli, significa che molti Istituti non hanno adempiuto con scrupolo alla loro missione. Se si riuscirà a chiudere questo buco, sarà unicamente a spese dei contribuenti.

Purtroppo è significativo l’esempio di MPS, che per decenni ha foraggiato tutte le attività della Regione Toscana – poche buone e molte inutili – anche per soddisfare i politici, gli amici e gli amici degli amici, fino all’acquisto a un prezzo assurdo di Banca Antonveneta e altri asset fallimentari. Insieme a MPS poi si sono distinti per “mala gestio” i quattro istituti del Centro e le due banche venete, che hanno truffato e derubato senza il minimo scrupolo migliaia di anziani, pensionati, piccoli imprenditori e risparmiatori. Tutto questo ha ridotto al lumicino la fiducia nel sistema bancario.

E la spending review degli sprechi pubblici? Pare che finora non abbia funzionato molto…

Qualche piccolo risultato c’è stato, ma la gran parte della spesa pubblica è impossibile da ridurre per la schiacciante presenza di circa 8.000 enti pubblici definibili solo come “poltronifici”. Abbiamo avuto ben quattro commissari alla spending review (Giarda, Bondi, Cottinelli e Perrotti) che hanno dato le dimissioni per la manifesta impossibilità di modificare la situazione esistente, visti gli interessi in gioco. Nessuno vuole segare il ramo su cui è seduto.

Lei si è mai indebitato?

Sì, all’inizio della mia attività. Ero un impiegato ben pagato e per mettermi in proprio ho dovuto firmare un bel pacco di cambiali puntualmente onorate. Ho risparmiato, accantonando i guadagni in vista di eventuali difficoltà, ben consapevole che la strada non sempre è in discesa. Con questo criterio, dopo 10-12 anni sono diventato completamente indipendente dalle banche.

A tutt’oggi, la Prontofoods ha un patrimonio netto superiore al fatturato e può autofinanziarsi totalmente.

Tirando le somme, quali sono le caratteristiche che deve avere l’imprenditore “contemporaneo” per resistere ai marosi del mercato?

Quelle di sempre: grande impegno nel proprio lavoro, che per un uomo è la cosa più importante e doverosa, e trovandoci in Italia, aggiungo, tanto coraggio.

Fatturato, Utile ed Ebitda? Qual è il parametro per identificare un azienda di successo?

Tutti e tre. Più alti sono, meglio è.

Ci indici i momenti chiave della sua vita di imprenditore che hanno l’hanno fatta diventare quello che è oggi…

Il coraggio di lasciare un impiego sicuro e ben remunerato per firmare 20 milioni di cambiali ed entrare con una quota del 50% nel capitale della San Giusto di Brescia; la scoperta del latte granulare; la capacità di intuire le enormi potenzialità della Distribuzione Automatica quando era ancora agli albori; avere capito per tempo che non potevo fare tutto da solo, creando diverse rivendite in Italia per rendere capillare la distribuzione dei prodotti; infine, avere acquisito piccoli e medi concorrenti sul mercato: Fontana Service, Spada, Prolait, la divisione D.A. della Vibar e altre piccole aziende non ricollegabili al settore del Vending.

Quale idea si è fatto sul futuro della Distribuzione Automatica?

Non vedo un futuro brillante. La recessione non si risolverà in pochi anni e l’evoluzione tecnologica ha già falcidiato l’occupazione. Secondo autorevoli esperti, entro 4-5 anni avremo dei robot operai in grado di eseguire perfettamente il lavoro al posto di una persona. Si stima in Europa un’ulteriore perdita di oltre 1,5 milioni di posti di lavoro a partire dal 2020. Oggi i costi di queste macchine sono proibitivi, ma come per tutte le apparecchiature tecnologiche è previsto un drastico calo dei prezzi nei prossimi anni.

Ci attende una nuova rivoluzione industriale. I robot non si stancano, non scioperano, non hanno bisogni fisiologici e, soprattutto, non fanno la pausa caffè.

Il Vending dovrà, perciò, riscrivere completamente la sua geografia?

È un fenomeno già in atto. Negli ultimi 15 anni almeno 600-700 gestioni sono state fagocitate dai più importanti player. Il mercato è sempre più concentrato e, inevitabilmente, questa tendenza continuerà in futuro.

Nel nostro settore gira una voce tra “realtà” e “leggenda”. Ma in quante società di gestione e rivendite è socio Luciano Pensante?

Nessun arcano. Sono socio in Gesa e Vendomat e ho una piccola partecipazione nel capitale della Ovdamatic di Brescia. Non sono mai stato un socio invadente e non ho mai interferito nell’operatività di queste aziende. Lascio fare a chi è più competente di me. Oltretutto da anni ho delegato il mio vice presidente Angelo Romano per tutti i rapporti necessari, anche se è già fin troppo oberato di impegni. 

Ha mai pensato a una quotazione in Borsa di Ristora?

Non ho bisogno di finanziamenti per l’azienda o di avere più soldi di quanti ne abbia già.

Il fatturato di Ristora è cresciuto per 50 anni. Quali sono le prospettive future?

Prima di tutto, mantenere quello che abbiamo creato in questo mezzo secolo e possibilmente migliorarlo, tenendo presente che il mercato diventa sempre più complesso e l’offerta è enormemente superiore alla domanda.

Per restare competitivi, ogni anno investiamo in nuove tecnologie di produzione e confezionamento. Negli ultimi due anni abbiamo speso oltre 10 milioni e nel 2017 prevediamo ulteriori 6-7 milioni, tutti destinati a macchine nuove o in sostituzione di quelle obsolete.

Sul lavoro è assolutamente metodico o si lascia anche guidare dall’intuito?

Ci vuole metodo ma senza soffocare la spontaneità da cui nascono le idee migliori. Le dico la verità. Non ho mai fatto un budget in vita mia. Troppi grafici e tabelle fanno venire il mal di testa. La regola che vige tra il sottoscritto e i suoi più stretti collaboratori è solo una: tutti facciamo il massimo e il risultato verrà di conseguenza. Finora ha sempre funzionato.

Mirella Piemonte
Mirella Piemonte (moglie di Luciano Pensante)

Come si è evoluto il progetto capsule?

Abbiamo 11 linee, più 2/3 in arrivo, che realizzano i diversi formati. La nostra produzione non è diretta al Vending ma alla GDO, agli “internettari” e a marchi privati italiani ed esteri. Per rispetto ai torrefattori nostri clienti, non produciamo capsule di caffè neanche per conto terzi.

Quanto la responsabilizza il pensare di dover lasciare un giorno, speriamo il più lontano possibile, un’azienda così grande come Ristora ai suoi eredi?

Nessun problema. È tutto già deciso. Angelo Romano ha una conoscenza totale dell’azienda: dalle materie prime alle macchine, ai clienti italiani ed esteri, fino a tutta la parte normativa e finanziaria. Da anni è il mio commercialista e non ho mai avuto contestazioni dal Fisco. Ha ottime competenze anche extra aziendali, possiede grande educazione ed empatia e molte altre qualità, grande capacità lavorativa, onestà e sincerità. Qualcuno lo chiama “Mr. Wolf”, altri “Wikipedia”. Come detto prima, è già socio anche di Gesa e Vendomat.

Il nostro incontro, avvenuto 23 anni fa, quando accettò senza esitazioni un posto di impiegato a tempo determinato, pur avendo già un lavoro, è stata una fortuna per entrambi. Un giorno, spero non tanto prossimo, lascerò la Prontofoods in mani sicuramente migliori delle mie.

Passiamo al Luciano Pensante privato. Quante ora al giorno continua a lavorare?

Mi mantengo sulle 7-8 ore, più 3-4 ore il sabato, durante le quali faccio il punto della situazione con i miei uomini di fiducia: Angelo Romano, Beppe Bisi e Mario Zola.

Nel tempo libero quali sono le sue passioni?

La musica, il cinema e la storia, in particolare quella della Prima e Seconda Guerra Mondiale. Ho trascorso più di 20 anni fuori casa per lavoro, quindi andavo al cinema quasi tutte le sere. Sommando quelli seguiti in televisione, credo di avere visto almeno 10.000 film, privilegiando il genere realistico e storico. Non disdegno comunque alcune serie tv che vanno in onda su Netflix e Sky.

Attori preferiti?

Jack Nicholson su tutti, Al Pacino, Gene Hackman e Paul Newman.

Musica?

Opera e musica classica, Puccini e Mozart su tutti, poi la musica leggera della mia gioventù fino agli anni ‘70. Mi piace anche la musica tradizionale irlandese e yiddish.

La descrivono come un raffinato collezionista?

Direi piuttosto un buon collezionista. Avendo trascorso tre anni negli incursori della Marina, ho una grande passione per le armi nella storia. Possiedo una collezione di circa 200 armi dal 1580 al 1945. Mi affascina l’evoluzione della tecnica e dell’ingegno umano, considerando soprattutto le difficoltà di un’epoca in cui tutto era costruito artigianalmente.

Ho, poi, una collezione di una ventina di motociclette dal 1905 al 1920 e vari documenti autografi di personalità della Prima e Seconda Guerra Mondiale.

Ci descriva il weekend di Luciano Pensante…

Guardo qualche buon film, ricerco sull’iPad gli argomenti che mi interessano e mi dedico alla lettura dei principali quotidiani online.

Vacanze?

Da 20 anni non vado in vacanza, sto benissimo a casa mia dove ho tutte le comodità che mi servono. Mai sofferto di stress per mancate vacanze, anche se in passato ho viaggiato molto.

Lei ha dovuto fronteggiare, per un certo periodo della sua vita, la malattia. Cosa le ha lasciato dentro quella esperienza?

Quale malattia? Anche l’influenza è una malattia. Non ci si deve spaventare delle parole. Io chiamo le cose col loro nome. Otto anni fa ho avuto un epatocarcinoma, cioè un cancro al fegato diagnosticato durante un controllo di routine. Mi sono stupito perché ho sempre pensato che se mai mi fosse capitato qualcosa sarebbe stato ai polmoni, essendo io un fumatore incallito. Per fortuna era circoscritto e una volta rimosso non ho avuto complicazioni.

Certo è un’esperienza che fa riflettere; pensi sempre che certe cose succedano solo agli altri, ma gli altri pensano la stessa cosa di noi. Per cui tutti noi siamo gli altri.

Ha mai avuto paura della morte?

Sono ateo fervente e ho sempre creduto che la morte sia la conclusione definitiva di tutto. L’importante non è il “quando” ma il “come”. Sono, infatti, a favore dell’eutanasia perché ogni essere umano ha il diritto di morire in modo dignitoso, senza recare disagi alla propria famiglia e sofferenze a se stesso. Comunque invidio chi è credente perché ha una speranza in più.

Nelle sue parole sembra prevalere il fatalismo e un senso di pessimismo. O sbaglio?

Normalmente sono pessimista, penso sempre al peggio e dunque se dovesse accadere qualcosa di brutto sono in qualche modo mentalmente preparato. Se poi non succede, ovviamente mi rallegro.

Ha dei rimpianti?

Avrei voluto studiare di più, ma non ne ho avuto la possibilità perché i miei genitori non se lo potevano permettere, anche se l’esperienza da volontario in Marina è stata per me una grande scuola di vita.

Cos’è per lei l’amicizia?

Una parola molto impegnativa. Oggi la si usa troppo spesso in modo superficiale. Si è tutti amici: su Facebook, su Twitter, nelle chat. C’è gente che ha migliaia di amici, che sono però solamente virtuali. Io voglio essere realista. Ho moltissime conoscenze, ma pochi amici fidati. Si possono contare sulle dita delle due mani. Un amico è chi fa qualcosa in modo disinteressato, senza chiedere nulla in cambio. Alcuni che si dichiaravano amici si sono comportati in maniera scorretta e sleale ed è proprio vero il detto: “Beato chi non si aspetta gratitudine. Non rimarrà deluso”.

Un grande amico purtroppo l’ho perso: Antonio-Leandro Simonazzi era una persona speciale, semplice e sincera, un grande lavoratore, sempre sereno e gentile con tutti e di grande generosità. Mi mancano molto le nostre chiacchierate settimanali.

Lei ha avuto sempre un forte legame con lo sport. Ce ne parla?

Da giovane praticavo calcio e pallavolo, più avanti il tennis, che considero il gioco più bello del mondo. Ricordo come memorabili le partite e anche le “litigate” con il vostro editore Gianfranco Fassio. Sono stato uno sportivo mediocre, questo lo ammetto. Ho vinto qualche medaglietta, ma veniva data anche all’ultimo classificato. Da giovane ero un grande tifoso dell’Inter. Con Ristora ho fatto da main sponsor al Brescia e all’Udinese e ho bei ricordi del periodo in cui nelle “rondinelle” giocava un certo Roberto Baggio.

Tra i tanti riconoscimenti che ha ricevuto nella sua carriera, a quale è più legato?

Ho molte targhe archiviate da qualche parte. L’unica che tengo esposta è quella per l’Oscar dei Bilanci del quotidiano “Il Giornale di Brescia”, in collaborazione con l’Università degli Studi e la Price Waterhouse Coopers, che coinvolge 1000 aziende della provincia e che mi è stato conferito nel 2015 e nel 2016.

Perché ci tiene così tanto?

Perché certifica l’eccellenza. Non parliamo, infatti, del solo fatturato ma dell’Utile, dell’Ebitda e dei vari parametri finanziari.

Sua moglie Mirella ha influenzato in qualche modo il suo lavoro?

Ci conosciamo dai tempi della scuola e siamo sposati da 55 anni. Mi ha sempre incoraggiato e non ha mai interferito in alcun modo nel mio lavoro e nelle mie decisioni, anche le più difficili.

Le dispiace che i suoi figli non vogliano ripercorre le sue orme in azienda?

Ognuno ha le proprie attitudini nella vita e per guidare un’azienda bisogna mettere da parte i sentimenti e guardare con realismo alle cose.

Un giorno disse: “Trova il lavoro che ti piace e smetterai di lavorare”. Quindi, in realtà, lei non ha mai lavorato?

In un certo senso è vero. Come dice il mio amico Franco Pavero, si può riverniciare la “carrozzeria” per mascherare l’usura ma il motore ha tanti chilometri e va spesso revisionato anche perché è ormai vicino alla rottura… Però dopo 58 anni, di cui 50 nella Distribuzione Automatica, il mio lavoro mi piace come il primo giorno e mi impegna oggi molto più che un tempo.

Grazie della chiacchierata

Grazie a lei. Speriamo non sia l’ultima.

Enrico Capello

 

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