n nove anni di attività, Caffè d’Italia è sempre stata una voce fuori dal coro. Ha fatto scelte “anti-popolari”: sistema proprietario, capsula quadrata, caffè di qualità senza compromessi, concessionari in esclusiva e il Vending come punto di riferimento. Sembrava tutto strampalato, invece il mercato sta dando ora ragione ai due soci fondatori dell’azienda, Roberto Bianchini e Leonardo Tigli: fatturato in crescita, un nuovo stabilimento, partner sempre più numerosi e soddisfatti, nuovi prodotti pronti a sorprendere i consumatori. A chi si era ormai rassegnato al tramonto del business del caffè porzionato nella Distribuzione Automatica consigliamo di leggere la storia di Caffè d’Italia. Scoprirà che, forse, non tutto è perduto.
Caffè d’Italia ha fatto capolino nel Vending con una capsula quadrata e una macchina innovativa. Molti si sono domandati da dove arrivavate. Ci fate un po’ di storia dell’azienda?
Tigli: Siamo partiti da zero, dovendoci inventare una marca di caffè. I primi ragionamenti risalgono al 2006, in un periodo di cambiamenti nel porzionato. Era scaduto da poco il brevetto di Nespresso e di lì a breve sarebbe successa la stessa cosa con il Lavazza Espresso Point.
C’erano i primi scricchiolii di un mercato monopolizzato e gonfiato dalla vendita del prodotto effettuata da soggetti diversi tra loro e non più riconducibili soltanto ai gestori. Sarebbe stato facile, dunque, “accodarsi” e intraprendere la strada della produzione di compatibili. Abbiamo, invece, scelto un percorso diverso, tutto in salita, creando un sistema proprietario che andasse a coinvolgere solo il gestore, facendolo così sentire l’attore principale della divulgazione del sistema.
Una scelta impegnativa…
Bianchini: Quando si vuole realizzare qualcosa di buono occorrono le idee e un progetto sostenuti da un piano finanziario e commerciale, cercando di sbagliare il meno possibile.
Abbiamo inventato una forma di capsula quadrata che garantisse l’ottimizzazione in tazza del caffè espresso, usando per la produzione della stessa un materiale che la rendesse trasparente in modo da poterne osservare il contenuto.
Nel contempo, avevamo bisogno di uno strumento, la macchina, che consentisse di estrarre il miglior caffè possibile dalle capsule. Abbiamo cercato fra le aziende chi potesse collaborare con noi, ma essendo degli illustri sconosciuti la considerazione ricevuta è stata deludente. Non ci siamo arresi e abbiamo disegnato, ingegnerizzato e costruito da noi 32 stampi per la carrozzeria della prima macchina da caffè, appoggiandoci, poi, per la produzione a un’azienda estera con la quale abbiamo portato a termine i prototipi corredati di test report, certificazioni internazionali, packaging, ecc.
La CH777 è stata la prima macchina automatica presentata ai gestori in Italia con la leva che si alza per l’introduzione della capsula. Tutti gli altri modelli oggi nel mercato sono successivi.
Giunti, quindi, ad avere il “Sistema” funzionante, abbiamo brevettato la capsula quadrata e registrato il marchio.
Come vi siete approcciati al mercato?
Tigli: Abbiamo creato in azienda il “banco di prova” per collaudare il sistema. Una gestione interna con cui servire le famiglie, gli uffici e il mondo professionale nella nostra zona, solo per fare “da assaggio” delle miscele che avevamo già pronte – classica, forte, arabica e decaffeinato – e per testare l’affidabilità della macchina. I riscontri sono stati soddisfacenti: in pochi mesi avevamo già un buon numero di clienti che, con il naturale “passaparola”, continuano a contribuire alla crescita della nostra presenza nel territorio.
Quali i passi successivi?
Bianchini: Abbiamo studiato una strategia commerciale precisa che puntasse a creare in tutto il territorio nazionale una rete di Concessionari con una competenza di zona per la distribuzione del prodotto e la divulgazione del marchio. Chi, se non i gestori, “quelli delle macchinette”, avrebbero potuto dare seguito al nostro progetto?
E arrivò, infatti, il bel giorno del vostro atterraggio a Venditalia…
Bianchini: Ci siamo presentati al mercato in punta di piedi, era il 21 maggio 2008, con uno stand di 16 mq. È stato un successo. Tanti contatti, molto interesse e la visita dei top manager di alcuni grandi nomi del caffè: Lavazza e Illy fra tutti. Abbassatesi, però, le luci della fiera, ci siamo trovati a combattere con la legittima diffidenza dei gestori. Abbiamo girato l’Italia per far capire che eravamo sì dei “visionari” ma seri, con un progetto credibile. Il nostro motto non è “vendere” ma “costruire”. Il Concessionario deve essere messo nelle condizioni di poter agire con le spalle coperte da un’azienda che quello che promette poi mantiene.
Come si è arrivati allora ai Concessionari?
Bianchini: La rete di Concessionari ce la siamo costruita passo a passo. I primi collaboratori sono stati dei gestori che ringraziamo per aver creduto nella Caffè d’Italia delle origini.
Abbiamo sentito la fiducia del settore crescere. Imprese più grandi sono entrate a far parte del gruppo. Il primo obiettivo era stato raggiunto: eravamo visibili. Si cominciava a parlare, e bene, di noi.
Abbiamo implementato la gamma prodotti e la linea di macchine per abbracciare il Vending nella sua interezza. Il nostro sistema era essenzialmente rivolto alla famiglie. Ci siamo allargati a OCS e Ho.Re.Ca.
Siamo stati tra i primi nella D.A. a consentire agli operatori vending di entrare nella ristorazione proponendo macchine a capsule a doppio gruppo, con sistema vapore e acqua calda.
Potendo contare oggi su una buona rete di Concessionari distribuiti in modo omogeneo su gran parte d’Italia, continuiamo il nostro percorso per arrivare a coprire le poche zone dove non siamo ancora presenti o lo siamo in maniera da noi ritenuta insufficiente.
Qual è l’andamento del fatturato?
Bianchini: Nel 2016 il fatturato della Caffè d’Italia è cresciuto di circa il 30%. Come già detto, il prossimo passaggio sarà quello di arrivare a ottimizzare l’intero territorio italiano e di aumentare la presenza estera. Abbiamo già dei buoni interlocutori nei Paesi del Nord Europa, nel Nord Africa, nei Paesi Arabi e cominciamo a muovere i primi passi in Oriente e America.
I numeri in questo momento, però, ci interessano poco. Il nostro motto è: “Niente di quello fatto ieri conta; conta quello che faremo da domani in poi”. Non dobbiamo mai fermarci ed essendo una piccola azienda nel mondo dei grandi numeri, dobbiamo dimostrarci sempre più bravi degli altri.
All’ultimo Venditalia avete presentato la capsula Terraria. In che cosa consiste?
Tigli: È un progetto che ha avuto avvio nel 2010. Avevamo presentato il prototipo in anteprima a Host 2015 e Venditalia 2016. Ora possiamo comunicare che da aprile inizierà la produzione e commercializzazione. Terraria potrà essere conferita nell’umido e con il calore, l’umidità e l’azione microbica prodotta all’interno degli impianti industriali “OK Compost” si degraderà fino alla completa trasformazione in compost (fertilizzante per il terreno) entro 180 giorni.
La capsula viene prodotta industrialmente con PLA (polimero dell’acido lattico ottenuto dalla fermentazione di materie prime vegetali) ricavato da una radice tuberosa ricca di amido e non destinata al consumo alimentare. L’origine vegetale di Terraria è stata accertata e verificata attraverso il test del contenuto di carbonio di origine vegetale (biobased carbon content analysis) condotto presso il laboratorio belga OWS.
In base ai risultati del test, Terraria potrà così presto ottenere il logo “Ok-Biobased” a 4 stelle di Vinçotte, massima certificazione per un prodotto compostabile.
Come verrà gestita la sua vendita?
Bianchini: Siamo consapevoli che Terraria non sarà apprezzata ovunque. L’attività dei Concessionari si concentrerà in quelle aree geografiche dove c’è maggiore sensibilità verso le tematiche ambientali, dove è più diffusa la raccolta differenziata e dove sono presenti degli impianti di compostaggio industriali.
Il prezzo sarà leggermente diverso dalla capsula tradizionale: più alto, ma comunque sostenibile e in linea con quello praticato da altri che, come noi, sentono viva l’esigenza di tenere nella giusta considerazione l’ambiente dove viviamo.
Ad oggi Terraria, a meno che qualcuno non ci smentisca, è l’unica capsula per caffè compostabile completamente vegetale.
Prediligere i margini rispetto ai volumi è un’altra scelta controcorrente…
Tigli: Stiamo assistendo a una deregulation dei prezzi. Noi non siamo dei moralizzatori, vogliamo solo lavorare con la massima professionalità. Per questo ci affidiamo ai gestori che “fanno la differenza” con la loro esperienza e la loro competenza, che lavorano sulle relazioni umane, che, come noi, chiamano per nome e cognome i clienti. Chi sceglie Caffè d’Italia e i suoi Concessionari sa che non farà mai suonare il telefono a vuoto.
Il consumatore, a fronte di un’offerta sempre più inflazionata, dovrà operare una selezione e siamo convinti che la qualità del prodotto e del servizio avranno sempre più peso nelle sue scelte.
Mantenere elevato l’obiettivo ci consentirà di continuare a crescere nel segmento medio-alto del mercato.
Una sfida, quindi, da vincere a fianco del Vending?
Tigli: Il Vending è garanzia di professionalità, conoscenza del territorio e servizio capillare. Valori che nessuno potrà mai trovare in un supermercato, in un negozio di elettrodomestici o su una piattaforma di e-commerce. Tutti i nostri Concessionari stanno aumentando l’attività con Caffè d’Italia. È un segnale che ci incoraggia. Se crescono loro cresciamo anche noi.
Cogliamo l’occasione per ringraziare coloro che hanno riposto la loro fiducia nel progetto. Già nei prossimi mesi presenteremo idee e iniziative cercando di dare non solo un prodotto di qualità ma un metodo di lavoro. Parafrasando un vecchio detto cinese: “Non diamo solo la canna da pesca ma suggeriamo come e dove andare pescare”.
Quali sono i prodotti della linea Caffè d’Italia?
Tigli: Abbiamo tre miscele specifiche per l’espresso: forte, classica e una con prevalenza arabica. Il nostro caffè è tipicamente italiano: colore scuro e gusto corposo, il giusto mix tra arabica e robusta con una costanza di caratteristiche sensoriali e di resa in tazza. Un caffè che si beve col palato ma si gusta anche con gli occhi.
Abbiamo poi l’espresso decaffeinato e tutta una serie di prodotti “alternativi” che non fanno il grosso del fatturato ma che avvicinano al nostro mondo una più vasta platea di consumatori: infusi 100% biologici (prodotti di “alta erboristeria”) e solubili a bassissima concentrazione di zucchero.
E quali i modelli di macchine?
Bianchini: Abbiamo concentrato la nostra gamma suddividendo i vari modelli per tipologia di destinazione d’uso: Chikko per la famiglia e piccoli uffici; Eva01 ed Eva02 per uffici e laboratori con numero di consumazioni rilevante; Elite, Eletta ed Eccelsa per la Ristorazione. In questo periodo ci stiamo preparando per presentare significative novità all’Host di Milano a fine ottobre.
Come mai avete lasciato la sede storica di Castiglion Fibocchi?
Bianchini: Perché ci stavamo stretti. Il nuovo stabilimento si trova nella zona industriale di Terranuova Bracciolini. Abbiamo a disposizione una superficie di circa 2.300 mq. È un capannone che non abbiamo scelto a caso. Gode, infatti, di una posizione strategica: è prospicente all’Autostrada del Sole, in un tratto in cui transitano mediamente 46mila veicoli al giorno. La visibilità dell’insegna Caffè d’Italia rappresenta un potente veicolo pubblicitario.
La vecchia sede rimane, comunque, attiva e servirà sia come base logistica, sia per la Gestione diretta della provincia di Arezzo.
Producete anche delle compatibili?
Bianchini: Due miscele di caffè e un decaffeinato compatibili col sistema Nespresso. Lo facciamo per aprirci più facilmente nuove porte sui mercati esteri. La capsula compatibile è, quindi, un “Cavallo di Troia”: un mezzo commerciale in più che diamo ai Concessionari. Se al cliente piace il gusto sarà, poi, più invogliato a provare il sistema con la capsula quadrata.
Come vi è saltata in mente l’idea della “pecora nera”, simpatico spot di qualche Venditalia fa?
Bianchini: La “pecora nera” è una simbologia: un tratto di originalità e di unicità in un contesto standardizzato e sclerotizzato. È un messaggio chiaro e forte ai gestori: scegli Caffè d’Italia se vuoi uscire dal “gregge massificato” di pecore bianche.
Quanti operatori possono fare l’equazione perfetta tra macchine installate, clienti e consumi? Quanti di questi potenziali clienti comprano dal Gestore e quanti, invece, fanno rifornimento su internet o al supermercato o nel negozio? Con il sistema Caffè d’Italia il Gestore Concessionario non ha bisogno del sistema di deconto: la fiducia la conquista e la mantiene con la qualità del prodotto e del servizio.
Come cambierà il mercato nei prossimi anni?
Bianchini: È in atto una trasformazione dettata dalla ormai inarrestabile diffusione che ha trovato la capsula. Non ci sono più aziende monopoliste e accanto ai grandi marchi nazionali e internazionali si sono affermate piccole e medie aziende. Il sistema che aveva dato vita al business del porzionato nel Vending ha finito per divenire “metodo”, facendo così crollare i margini e riportando il tutto al mero valore/costo del prodotto. Caffè d’Italia si è tirata fuori da questa logica.
Noi siamo convinti che così come in tutti i mercati maturi, occorrerà essere sempre più dinamici e propositivi verso il consumatore con il supporto di una comunicazione vivace ma veritiera e rispettosa dei nostri valori
Ci dicono spesso che siamo dei provocatori: ebbene, ci auguriamo di esserlo ancora di più in futuro con fatti circostanziati, precisi e innovativi.
e.c.